Renato Scordamaglia

Sono trascorsi più di 20 anni dalla nascita del sistema pubblico di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, a seguito dell’accordo tra il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, l’Associazione nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Venti anni di costruzione di una rete nazionale (ex Sprar/Siproimi, oggi S.A.I.) che nonostante le contraddizioni politiche, legislative e istituzionali, ha infrastrutturato il sistema del welfare nelle amministrazioni locali che hanno aderito volontariamente alla rete dei servizi di accoglienza e integrazione. Si sono sviluppate così, nei piccoli e grandi Comuni italiani, una pluralità di pratiche di tutela dei beneficiari, nuove comunità di lavoratrici e lavoratori costituite da centinaia di figure professionali (operatori legali, psicologi, educatori, mediatori, ecc.)  che con molta probabilità avrebbero abbandonato la regione dei numeri negativi (come dargli torto). Innanzitutto migliaia di donne, giovani, famiglie, minori hanno intravisto l’opportunità di ricostruire i propri percorsi di vita e di acquisire i diritti fondamentali che nei rispettivi paesi d’origine gli erano stati negati.

Ma non tutta l’accoglienza brilla di solidarietà e di qualità professionale se rapportata alla superiore finalità di tutela dei diritti delle persone che, è una pena ricordarlo, fuggono da ingiustizie, persecuzioni, fame, guerre, catastrofi climatiche. Il risultato di un’accoglienza “senza qualità” non è conseguente solo ad appetiti a volte affaristici, è piuttosto l’esito prevedibile di scelte politiche e istituzionali di natura emergenziale: si è prediletto il concentramento di grandi numeri di persone in strutture che non avevano alcun vincolo rispetto agli standard di servizio che nelle esperienze degli ex Sprar/Siproimi  avevano invece “evitato tensioni sociali, sprechi e facilitato i processi di inclusione sociale”.

Le politiche dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati sono notoriamente di competenza del Ministero dell’Interno, e così nella pianificazione del welfare sociale, di competenza regionale e comunale, prevale l’approccio securitario piuttosto che quello volto all’integrazione. Basterebbe rivolgere lo sguardo alle straordinarie iniziative di rigenerazione comunitaria che hanno caratterizzato le diverse e più disparate aree urbane e interne della Calabria. La materia dell’immigrazione non è un tema che riguarda gli “addetti ai lavori”, è una determinante dell’idea di comunità condivisa, del metodo con cui affrontare un fenomeno sociale che riguarda gli sconvolgimenti demografici, la cura delle persone, le filiere economiche, sociali e produttive, la riqualificazione delle aree a rischio di spopolamento.

A distanza di molti anni corriamo invece il serio rischio di un arretramento delle pur minime conquiste acquisite, a discapito di ogni forma di pregiudizio xenofobo.

Con la recente legge 173/2020 si rinomina il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) in SAI – Sistema di accoglienza e integrazione, in attesa che un Decreto Ministeriale riformi i criteri organizzativi e gli standard di servizio delle strutture d’accoglienza.

E’ il momento per richiedere una riforma complessiva delle politiche per l’immigrazione!

Stiamo attraversando una fase storica che ci consente di analizzare i primi risultati di queste politiche, e così valutare quanto di buono o di opportunistico sia stato effettivamente realizzato, e quanto di strategico e innovativo possa ancora essere organizzato e strutturato, con innegabili benefici per tutto il paese.

E’ per questo motivo che ho raccolto le proposte elaborate da una rete diffusa di associazioni che si riconoscono sotto la sigla di “EUROPA ASILO”, proposte che ho inteso rilanciare in estrema sintesi in questa sede, non solo per dovere di informazione ma per  contribuire ad un’altra visione del mondo accogliente.

Le 7 tesi :

1) COSTRUIRE UN SISTEMA UNICO DI ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE:

E’ fondamentale: a) definire gli standard di accoglienza, perché siano uniformi su tutto il territorio nazionale; b) prevedere il coordinamento generale del sistema di accoglienza, perché siano evitate situazioni eccessivamente difformi nelle diverse aree geografiche.

2) GOVERNANCE MULTILIVELLO AL PARI DEGLI ALTRI SERVIZI PUBBLICI:

Ricondurre la gestione dei servizi di accoglienza all’ambito di applicazione della legge 328/2000, riconoscendo che il sistema ordinario di accoglienza deve essere parte integrante del welfare nei diversi livelli di governance: nazionale, regionale e locale, così superando l’impostazione data dal Dlgs 112/98, che radica la competenza nel solo Ministero dell’Interno.

3) RUOLO DEL TERZO SETTORE E AFFIDAMENTO

Si ritiene che vada superata la ambiguità rispetto al ruolo del terzo settore nell’organizzazione del sistema di accoglienza, e il connesso annoso problema della modalità di affidamento del servizio. Pertanto gli Enti Locali potrebbero ricorrere a strumenti e procedure più coerenti con la natura delle prestazioni da svolgere.

4) EQUIPE MULTIDISCIPLINARI TERRITORIALI COME RISORSA DEL TERRITORIO

L’accoglienza è una risorsa per lo sviluppo e la salute dei territori e della comunità. A tale fine è fondamentale valorizzare e consolidare pratiche di accoglienza che:

  • utilizzano una metodologia di rete connettendo attori pubblici, soggetti privati rappresentativi del mondo produttivo, privato sociale e singoli cittadini;
  • favoriscono un approccio alla multidisciplinarietà territoriale dell’intervento;
  • coniugano il bisogno di pianificazione sociale degli interventi con il lavoro di comunità quotidianamente svolto dall’operatore;

5) NUOVO SISTEMA DI VALUTAZIONE: SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E IMPATTO SOCIALE

Anche sulla base di esperienze già realizzate è necessario che alla valutazione storica, incentrata sulla concordanza tra capitolati e servizi e tra finanziamento erogato e rendicontazione, venga aggiunta la valutazione del processo sociale sotteso all’accoglienza.

6) SUPERAMENTO DEL MODELLO CAS (Centri di accoglienza straordinaria): OBIETTIVO GENERALE E STRATEGIA DI BREVE E MEDIO PERIODO

Ampliare al massimo la capienza del SAI ma anche ripristinare standard adeguati di accoglienza e di servizi alla persona nei CAS che, nel periodo 2018-2020, hanno subito un generale processo di radicale contrazione degli standard minimi di accoglienza, compromettendone spesso la funzionalità e dando vita a situazioni di serio degrado.

7) ENTE NAZIONALE PER IL DIRITTO DI ASILO, REGISTRO DEGLI ENTI DI TUTELA

Occorre prevedere un Ente nazionale per il Diritto d’asilo a garanzia e tutela del sistema, la cui terzietà ed indipendenza è da ritenere fattore centrale nella governance del sistema, perché volto alla tutela di tutti gli attori (enti locali, enti di terzo settore, persone accolte) che vi prendono parte.