di Giuseppe Bombino

GLI EFFETTI DEGLI INCENDI

Dopo un incendio distruttivo, venendo meno la funzione protettiva dell’ecosistema forestale, è la gravità la forza che più di ogni altra si impadronisce della montagna. Del bosco non rimangono che alberi inanimati tenacemente fermi nella loro verticalità, e tronchi atterrati, spesso distesi sui versanti più ripidi.

I primi, inevitabilmente, si spezzeranno in occasione delle prime avverse condizioni meteorologiche. Quelli che giacciono al suolo a causa dell’incendio, invece, sono già pronti a scivolare o rotolare verso valle riducendo la capacità idraulica dei corsi d’acqua e minacciando la funzionalità delle infrastrutture.

Il dissesto idrogeologico, inoltre, si manifesta prevalentemente nei versanti acclivi e privi di copertura vegetale, in relazione all’incremento della risposta idrologica (in termini di deflusso e produzione di sedimento) della pendice denudata.

L’IDEA

L’immobilizzazione dei tronchi atterrati rappresenta una valida alternativa rispetto alle onerose operazioni di rimozione, quando possibili. D’altra parte, ancorché degradati, tali tronchi potrebbero svolgere una funzione antierosiva qualora venissero sapientemente sistemati lungo le curve di livello della pendice.

L’AREA DI STUDIO E DI INTERVENTO

A tale proposito, presso l’Azienda Agroforestale Francesco Saccà, in Roccaforte del Greco, è stato realizzato un cantiere pilota per la creazione di “barriere antierosive” mediante l’impiego dei trochi atterrati dai recenti incendi boschivi che hanno interessato quel territorio.

LE BARRIERE DI TRONCHI PER CONTROLLARE I PROCESSI EROSIVI E FAVORIRE IL RITORNO DEL BOSCO

La “barriera di tronchi” costituisce un semplice intervento di sistemazione naturalistica del versante in grado di: (i) interrompere la lunghezza delle direttrici di deflusso, (ii) fermare il terreno eroso e (iii) modificare leggermente la pendenza del versante, con conseguente riduzione degli effetti idrologici a valle. Inoltre, l’azione stabilizzante degli alberi atterrati favorirebbe i processi di rinaturalizzazione del versante denudato.

L’azione stabilizzante degli alberi atterrati, inoltre, può favorire i processi di rinaturalizzazione della pendice agevolando l’insediamento e lo sviluppo delle specie vegetali autoctone.

Questa mattina abbiamo realizzato la prima parcella.

L’EFFICACIA DELL’INTERVENTO NEL BREVISSIMO E MEDIO TERMINE

Brevissimo termine:

– Riduzione del rischio di scivolamento a valle dei tronchi atterrati;

– Riduzione del rischio idraulico

– Controllo dei processi erosivi

Breve-Medio termine:

Creazione di condizioni favorevoli all’insediamento e allo sviluppo delle specie vegetali autoctone

IL GRUPPO DI LAVORO

Il “cantiere”, coordinato da Giuseppe Bombino e dal Gruppo di Ricerca “Difesa del Suolo” del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea (Gianmarco Carrà, Daniela D’Agostino, Pietro Denisi, Antonino Labate, Demetrio Antonio Zema) è stato realizzato in collaborazione con: Studio Tecnico Professionale “Poeta & Valenzise”, Cooperativa “Tutela dell’Aspromonte”, “Calabria condivisa”.

Prezioso è stato il contributo di Silvio Bagnato (Dipartimento di Agraria) e di Francesco Saccà, titolare dell’omonima Azienda agro-forestale, che ci ha ospitati ed ha consentito la realizzazione del cantiere pilota.

UN’OPPORTUNITA’ PER STUDIOSI E STUDENTI DI SCIENZE FORESTALI E AMBIENTALI

Il progetto ha finalità didattiche, dimostrative e sperimentali e offre la possibilità di studiare, interpretare e sperimentare, con un approccio multidisciplinare, le conoscenze afferenti al campo delle Scienze Forestali e Ambientali, e segnatamente riconducibili alla biologia, alla selvicoltura, all’ecologia forestale, alle sistemazioni idraulico-forestali, et cetera.