Category Gruppo Welfare Territoriale, sussidiarietà e coprogettazione

L’export calabrese al tempo del Covid

Adolfo Rossi – Esperto nella pianificazione e programmazione dei processi di internazionalizzazione.

Nelle scorse settimane è stato presentato il XVIII Rapporto “Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori” presentato da ICE-Agenzia con la collaborazione di Prometeia.

Lavoro che ha evidenziato, a causa degli effetti “disruptive” del Covid-19, una diminuzione del commercio mondiale di beni manufatti di oltre il 7% ritornando ai volumi di 5 anni fa. Comunque, le prime rivelazioni dell’’andamento degli scambi nell’ultimo semestre 2021, rafforzano quanto riportato nel rapporto circa le buone prospettive per il Made in Italy per l’anno 2021, per settori come l’Alimentare e l’Arredo (+8,5% e +8,4%) oltre a quello Farmaceutico. Tali risultati potranno essere raggiunti se il mondo delle imprese italiane si concentrerà su digitalizzazione, sostenibilità ed innovazione, driver che influenzeranno politiche industriali, modelli di produzione e consumo nell’epoca post-Covid.

Nel contesto nazionale l’export calabrese, negli ultimi anni, è rimasto sostanzialmente stabile riuscendo a rimanere agganciato alla crescita nazionale del Made in Italy e riducendo l’effetto della difficoltà sistemica a presidiare stabilmente mercati extraregionali. Ma, nel 2020, la Calabria, a seguito degli effetti negativi legati al Covid-19, ha registrato un calo del proprio export che ha influito negativamente sulla propria bilancia commerciale regionale. Secondo i dati dell’Istat, infatti, la diminuzione è stata pari a 16,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A contribuire negativamente, sicuramente, il rallentamento degli scambi commerciali legati al lockdown. Il rilevamento di questo dato negativo delle esportazioni calabresi fa emergere come la Calabria, rispetto alla media nazionale e meridionale, ha risentito in misura più forte del decremento. Se la flessione su base nazionale è stata pari al 9,7%, quella calabrese risulta più marcata come anche rispetto al dato del Sud Italia pari al 13,7 per cento.

Tabella 1 – Esportazioni per ripartizione territoriale e regione. Gennaio-dicembre 2019 e 2020
Ripartizioni e regioni 2019 2020 2019/2020
milioni di euro % milioni di euro % variazioni %
           
Nord-centro 426.044 88,7 386.254 89,1 -9,3
Nord-ovest 182.196 37,9 162.587 37,5 -10,8
Piemonte 46.903 9,8 40.951 9,4 -12,7
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 701 0,1 563 0,1 -19,6
Liguria 7.103 1,5 7.051 1,6 -0,7
Lombardia 127.488 26,5 114.022 26,3 -10,6
Nord-est 156.353 32,5 143.600 33,1 -8,2
Trentino-Alto Adige/Südtirol 9.095 1,9 8.372 1,9 -7,9
Bolzano/Bozen 5.099 1,1 4.922 1,1 -3,5
Trento 3.996 0,8 3.450 0,8 -13,7
Veneto 65.142 13,6 59.812 13,8 -8,2
Friuli-Venezia Giulia 15.495 3,2 14.268 3,3 -7,9
Emilia-Romagna 66.621 13,9 61.148 14,1 -8,2
Centro 87.495 18,2 80.067 18,5 -8,5
Toscana 43.242 9,0 40.572 9,4 -6,2
Umbria 4.315 0,9 3.762 0,9 -12,8
Marche 12.236 2,5 10.809 2,5 -11,7
Lazio 27.701 5,8 24.924 5,7 -10,0
Sud e Isole 49.856 10,4 43.041 9,9 -13,7
Sud 34.698 7,2 32.486 7,5 -6,4
Abruzzo 8.712 1,8 8.171 1,9 -6,2
Molise 755 0,2 951 0,2 26,0
Campania 12.345 2,6 11.551 2,7 -6,4
Puglia 8.962 1,9 8.117 1,9 -9,4
Basilicata 3.445 0,7 3.294 0,8 -4,4
Calabria 480 0,1 402 0,1 -16,2
Isole 15.158 3,2 10.555 2,4 -30,4
Sicilia 9.498 2,0 7.195 1,7 -24,2
Sardegna 5.659 1,2 3.360 0,8 -40,6
Province diverse e non specificate 4.453 0,9 4.264 1,0 -4,2
ITALIA 480.352 100,0 433.559 100,0 -9,7
Fonte: ISTAT

 

Il calo maggiore sull’export ha riguardato le Isole e le regioni del Nord-Ovest che hanno fatto registrare rispettivamente un calo sulle merci esportate del 30,4% e del 10,8%. In questo contesto nazionale, l’export calabrese è calato rispetto ad altre aree territoriali, continuando, come avviene ormai da anni, a far registrare il più basso valore delle esportazioni sul totale in Italia – lo 0,1 per cento.

In valori assoluti, in questo anno, la Calabria ha perso – rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – 78 milioni di euro passando da 480 milioni di euro del 2020 a 402 del 2020.

Le prime tre destinazioni per quota sul totale delle esportazioni dalla Regione Calabria sono: USA 13.5%, Germania 10.5% e Francia 9.3%. Mentre, I primi tre macrosettori per quota di esportazioni dalla Regione Calabria verso il Mondo: Agroalimentare 51.7%, Metalmeccanica 21.8% e Chimica 21.8%

 

Tav2 – Esportazioni delle regioni del Sud per settore di attività economica. Gennaio-dicembre 2020 (a)
            (quote e variazioni percentuali)
 
SETTORI DI ATTIVITA’ ECONOMICA Calabria  
Quote (b) Var. % (d)
2019 2020 2020
    2019
A Prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca 0,7 0,7 -0,5
B Prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere .. .. 35,3
C Prodotti delle attività manifatturiere 0,1 0,1 -15,6
CA Prodotti alimentari, bevande e tabacco 0,4 0,4 -8,8
CB Prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori .. .. -44,7
    13  Prodotti tessili .. .. 16,4
    14 Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) .. .. -50,7
    15 Articoli in pelle e simili .. .. -59,7
CC Legno e prodotti in legno; carta e stampa .. 0,1 5,0
    16 Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio 0,2 0,2 9,3
    17+18 Carta e prodotti di carta; prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati .. .. -39,5
CD Coke e prodotti petroliferi raffinati .. -100,0
CE Sostanze e prodotti chimici 0,3 0,3 -13,8
CF Articoli farmaceutici, chimico medicinali e botanici .. .. 5,1
CG Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 0,1 0,1 -9,6
   22 Articoli in gomma 0,1 0,1 -5,6
   23 Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi .. .. -23,9
CH Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti 0,1 0,1 -10,9
CI Computer, apparecchi elettronici e ottici .. .. -49,4
CJ Apparecchi elettrici .. .. -35,8
CK Macchine ed apparecchi n.c.a. .. .. -19,8
CL Mezzi di trasporto 0,1 0,1 -38,5
    291 Autoveicoli .. .. -37,0
CM Prodotti delle altre attività manifatturiere .. .. -27,6
310 Mobili .. .. -18,1
D Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata
E Prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento 0,2 0,1 -74,6
Altri prodotti n.c.a. 0,3 0,2 -43,6
TOTALE   0,1 0,1 -16,2
Fonte: Istat, Statistiche del commercio estero
(a) Dati provvisori
(b) Quote calcolate sul totale nazionale del settore
(c) Quote calcolate sul totale della ripartizione
(d) Variazione calcolata sui flussi del periodo dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente
(e) Per la forte erraticità delle serie storiche e gli esigui valori degli aggregati le relative variazioni non sono riportate
(-) Il fenomeno non esiste
(..) I dati non raggiungono la metà dell’ordine minimo considerato
(+++) Per variazioni superiori a 999,9 per cento

A pesare in negativo sull’export calabrese è stata la diminuzione delle esportazioni delle merci prodotte in regione in tutti i settori ad accezione di alcuni settori di attività economica come: i prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere, i prodotti tessili e quelli farmaceutici.

VARIAZIONE TENDENZIALE E CONTRIBUTO ALLA VARIAZIONE TENDENZIALE DELLE ESPORTAZIONI NAZIONALI PER AREA UE27 ED EXTRA UE27.

Gennaio-dicembre 2020, contributi alla variazione in punti percentuali e variazioni percentuali tendenziali

 

 

Da un punto vista geografico le esportazioni calabresi verso l’Unione Europea hanno fatto registrare un calo del 23,5% secondo solo alla Sardegna. Meno marcato, invece, la flessione di merci verso i Paesi Extra-Europei facendo segnare un -9,5%.   Considerando il dato export verso i Paesi extra-europei, la Calabria è in linea con le altre regioni italiane, ad accezione del Molise (+42,3%) e della Liguria (+9,6%): dato che fa emergere come esiste una buona resilienza delle aziende calabresi.

La ripresa di domanda attesa in molti mercati nel 2021 non si trasformerà, in ogni caso, in un ritorno al passato tout court. La crisi del 2020 ha fatto emergere fattori competitivi che favoriscono il successo delle imprese sui mercati internazionali, favorendo alcuni settori e danneggiandone altri. Basti pensare, nell’ultimo anno, che i flussi dei beni legati all’emergenza (dai dispositivi di protezione, ai prodotti farmaceutici, al materiale medico/sanitario) sono cresciuti in valore del 17% su base nazionale. Il settore più strettamente connesso all’emergenza sanitaria, la chimica farmaceutica, ha sperimentato un’espansione della domanda internazionale dell’8% con piccoli riflessi positivi anche in Calabria.

Il peso delle esportazioni agroalimentari calabresi e la loro sostanziale tenuta nei mercati esteri segnalano, quindi, che anche in Calabria esistono imprese competitive sui mercati internazionali. Pur essendo di nicchia e di ridotte dimensioni, questi casi di successo hanno lavorato per posizionarsi su nuovi mercati in cui la competizione che conta non fa leva esclusivamente sui prezzi, ma sulla qualità: è vincente differenziarsi dagli altri perché consente di intercettare la crescente domanda di prodotti agro-alimentari con determinate caratteristiche organolettiche e salutistiche, di tracciabilità dell’intero processo produttivo, di identificazione con un territorio. Si tratta di una domanda espressa da consumatori che sono disposti a pagare un prezzo più elevato pur di acquistare prodotti di elevata qualità e che veicolano messaggi di eco-sostenibilità e di appartenenza ai luoghi. Soddisfare queste “nuove” esigenze dei consumatori richiede necessariamente modernizzare le produzioni, attraverso continui contenuti innovativi. Si tratta di un fenomeno che in Calabria ha interessato aziende del settore dell’ortofrutta e della frutticoltura calabrese, vitivinicole, dell’olivicoltura, dei prodotti tipici e quelli del settore lattiero-caseario. In questa direzione va anche la policy regionale di promozione dell’agroalimentare “Made In Calabria” puntando sulla “Dieta Mediterranea” enfatizzando il “Seven Countries Study”, iniziato da Ancel Keys nel Minnesota nel 1947 e conclusosi attraverso indagini sul campo nel 1957 a Nicotera (VV).

Per essere competitivi e vincenti è necessario, inoltre, far dialogare l’internazionalizzazione con la digitalizzazione creare quell’ambiente fatto di: digitalizzazione, prodotti che guardano alla salute e al benessere e sono attenti all’ambiente in linea con quanto enfatizzato dal rapporto ICE Agenzia/Prometeia.

Sitografia:

XVIII Rapporto “Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori” –  ICE Agenzia in collaborazione con Prometeia – https://www.ice.it/it/sites/default/files/inline-files/RapportoICE_2021_Web.pdf

Esportazioni delle Regioni Italiane – Istat  : https://www.istat.it/it/archivio/254929

Italy Map – SACE – : https://www.sacesimest.it/italy-map/dettaglio?countryCode=IT&regionCode=18


Il futuro del Mezzogiorno: chiamare le nuove generazioni a progettare

Maurizio Lovecchio

Dal primo lockdown fino a dicembre 2020 il 52,3% delle imprese calabresi è rimasto chiuso e oltre il 58% non ha fatturato o ha fatturato meno del 50%. La Calabria, come tutto il nostro Meridione, ha bisogno di agganciare le opportunità messe in campo dal Next Generation EU. Ma come fare? Quali sono gli obiettivi prioritari per favorire la ripartenza della Regione. Ne abbiamo parlato nella nostra rubrica Il punto a Mezzogiorno con Fortunato Amarelli, Presidente di Confindustria Cosenza. 

Presidente, che cosa serve per affrontare la crisi e favorire la ripartenza?

Indubbiamente servono molte cose: per prime le risorse, che sono state in qualche modo già predisposte in maniera anche ampia. Serve, poi, una grande capacità di pensare al futuro e a quello che possiamo costruire insieme. Credo che serva anche una certa mentalità verso la crescita: si esce da questa crisi non soltanto attraverso i decreti, non soltanto grazie alle risorse. Si esce dalla crisi se ognuno di noi nel proprio lavoro – e non parlo soltanto degli imprenditori ma di chiunque, anche dei cittadini – comincia a pensare che il bene comune viene prima di ogni altra cosa. Quindi, se tutti ragioniamo in termini di comunità, piuttosto che in termini di individualità, credo che riusciremo ad imboccare la giusta strada per uscire dalla crisi.

Lei ha fatto riferimento alle risorse e alla copertura degli investimenti che sicuramente ci saranno. Il Next Generation EU prevede molte risorse per investimenti da realizzare anche al Sud. Quali errori non dovremmo commettere, soprattutto qui in Calabria, per non sprecare questa ennesima opportunità che ci offre l’Europa e questa possibilità di spendere fondi pubblici per rilanciare lo sviluppo della Calabria?

Intanto, direi che non è una questione solo di risorse. O meglio, non è una questione di quantità di risorse. La Calabria è una Regione che ha bisogno sicuramente di aiuti economici come tutto il resto dell’Europa, ma ha soprattutto bisogno di progettazione e di capacità di progettazione. Credo che oggi uno degli investimenti che dovremmo fare sarebbe quello di migliorare la capacità di progettazione della Pubblica amministrazione.

E, inoltre, pensare alle imprese, l’altro fondamentale interlocutore con il quale poi si confronteranno i Next Generation EU. Questi sono fondi destinati a far crescere il nostro Paese nei prossimi 50 anni, questo è il tema. Stiamo investendo l’ammontare di circa 3 finanziarie in un unico anno. È come se oggi mettessimo le risorse stanziate in tre anni in un’unica programmazione. Quindi, capite bene, che è una quantità di denaro importante, e deve esserci la capacità di traguardare i progetti che non devono essere fine a se stessi, di breve durata, ma dovranno essere il mezzo per recuperare e dare una crescita importante anche in futuro. Allora, forse, sarebbe fondamentale – proprio perché si chiamano Next Generation EU – chiamare a progettare la nuova generazione, evitando di tirar fuori dai cassetti progetti polverosi e fare invece progetti soft, provare a chiedere ai giovani che cosa funzionerà tra 50 anni, perché gli investimenti che facciamo oggi dovranno essere investimenti che daranno i loro frutti nel lungo periodo.

Il Premier Draghi nel suo discorso al Senato ha detto: «Lo Stato ha il dovere di aiutare tutti, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente, e toccherà alla politica aiutare le imprese a sobbarcarsi di questo cambiamento». È d’accordo con questa affermazione? Quali attività dovremmo tutelare e rilanciare in Calabria?

Io credo che in questo il Premier Draghi abbia voluto dirci una cosa molto importante e secondo me molto vera. Ricordo una frase, che a me piace molto, di Henry Ford che diceva: «Conosco soltanto due tipi di aziende: quelle che cambiano e quelle che chiudono». Anche i business più tradizionali, le aziende più longeve, hanno avuto bisogno di rinnovarsi quotidianamente ed innovare quotidianamente il proprio modello di business. L’innovazione è fondamentale, è una grande opportunità perché è un grande driver di sviluppo e di crescita, ma anche una grande necessità.

Quante aziende abbiamo visto chiudere proprio perché arriva sul mercato un’innovazione tecnologica? In realtà, probabilmente quelle aziende finiscono, esauriscono il loro modello di business, perché non sono riuscite ad interpretare il nuovo che stava arrivando. Quindi credo che Draghi intendesse principalmente questo. È ovvio che, se dobbiamo fare un ragionamento di politica economica nazionale e se io oggi dovessi decidere su che cosa puntare, certo proverei a immaginare di diventare leader in Italia di alcune sotto-categorie. Perché oggi diventare azienda leader (con un panorama di utenza e di distribuzione a livello globale) può sicuramente favorire la stabilità del Paese e della sua economia. Ci sono alcune aziende, alcuni particolari business, nelle quali già siamo leader, che non sono le grandi categorie ma alcune sottocategorie nelle quali, se io fossi oggi il Presidente del Consiglio, investirei a prescindere, magari anche con capitale pubblico. Oggi dobbiamo conquistare alcune leadership di mercato globale se vogliamo essere ancora la settima potenza industriale del mondo.

Innovazione e ricerca: proprio qualche giorno fa Confindustria Cosenza ha siglato un’intesa con un l’Università della Calabria per monitorare la creazione di nuove startupCome imprenditore cosa consiglierebbe ad un giovane talento laureato all’Unical che dovesse decidere di intraprendere e di restare in Calabria?

Innanzitutto, è importante puntare sulle attività tradizionali, anche se su di esse probabilmente c’è già una dimestichezza acquisita dei nostri giovani. Allo stesso tempo, credo però che l’innovazione rappresenti il più grande driver di crescita economica. Se pensate che oggi, nel mondo, le più grandi aziende sono imprese nate meno di 30 anni fa, allora significa che dobbiamo fare i conti con un dato incontrovertibile, e cioè che lo sviluppo viaggia attraverso l’innovazione. Quindi, arrivare per primi è uno dei vantaggi competitivi più importanti per fare impresa, che ci sia alla base un business tradizionale o un business altamente tecnologico, come tutti quelli che vengono fuori anche dagli spin-off della ricerca dell’Università della Calabria, l’importante è arrivare per primi sul mercato. Questo è di fondamentale importanza. Riguardo al settore, penso a tutto il mondo IOT (Internet of Things), e penso al mondo della sensoristica presente in azienda per le indagini preventive. Tra l’altro, l’Europa vuole a tutti i costi che le industrie diventino 4.0. Se pensiamo che in questo momento gli investimenti in industria 4.0 sono finanziati all’85% di credito di imposta, il messaggio a favore della digitalizzazione delle industrie appare chiaro. La transizione digitale deve essere effettuata in tempi veloci, è un punto fondamentale e strategico per tutto il sistema. Quindi non c’è dubbio che in questo campo ci sarà sempre grande fermento anche nei prossimi anni.


Co-Programmazione e Co-progettazione: strumenti di una diversa infrastruttura sociale e istituzionale

Anche chi non è avvezzo al linguaggio giuridico non avrà difficoltà a riconoscere la sostanziale differenza tra  Costituzione “formale” e “materiale”. Nella prima sono sanciti i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, nella seconda quei principi si rivelano nella prassi adottata dalle forze politiche in un determinato momento storico.

La fase storica di cui siamo spettatori e protagonisti, nonostante si caratterizzi per uno sconvolgimento delle nostre relazioni precipitandole in distanze di ogni genere, ha innalzato e reso visibile ai nostri occhi una verità incontestabile: l’umanità è interdipendente, indissolubilmente correlata in tutte le dimensioni del suo essere sociale, economico e politico. In realtà lo sono tutte le particelle degli universi conosciuti, a scanso di obiezioni sulla eccentricità dell’umano! Ho inteso muovere da questa constatazione, tra fisica e filosofia, per introdurre il tema della co-progettazione che altro non è se non il frutto di una relazione intelligente finalizzata al consolidamento della res pubblica, del bene comune.

La co-progettazione e la co-programmazione da poco tempo hanno assunto nel nostro paese un rilievo costituzionale, dunque ordinamentale, in grado di diffondere nella galassia degli enti del “terzo settore” e della pubblica amministrazione una ventata di profonda innovazione “nella realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti […]”. Con la pronuncia nr.131/2020 la Corte Costituzionale cristallizza la legittimità dell’art. 55 del Codice del terzo settore (CTS) che introduce il principio secondo il quale “le amministrazioni pubbliche […] nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita’ di cui all’articolo 5 (del CTS), assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore,  attraverso forme di co programmazione e co progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241…”.

Agli occhi delle imprese del terzo settore, delle operatrici e degli operatori sociali e dei funzionari pubblici l’argomento dell’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (ex art.118 CC) rischiava di restare relegato al mondo iperuraneo dei dibattiti pubblici, nonché scarsamente utilizzato, genuinamente e proficuamente, nelle procedure di affidamento e gestione dei servizi e degli interventi sociali. Con la sentenza di legittimità della Corte la sussidiarietà si “procedimentalizza”, assume un rilievo fondamentale e non più residuale nella funzione della programmazione condivisa delle politiche pubbliche. Si dismettono i ruoli del committente e dell’agente, per impersonare la parte dei cooperanti. E’ determinate confermare che non si elimina la titolarità delle politiche pubbliche della Pubblica Amministrazione; al contrario, si orientano gli enti no profit a generare paritariamente e congiuntamente welfare e coesione territoriale, a offrire risposte condivise partendo da una lettura adeguata di bisogni sempre più differenziati.

La Calabria, nonostante il tragico ritardo con il quale dovrebbe dare forma ai famosi piani di zona sociale, ha dinanzi a sé una delle occasioni più importanti di questa fase storica. Può sostanzialmente produrre nei propri ambiti delle comunità agenti, “equordinate”, capaci di perseguire l’interesse generale senza stravolgere i principi della concorrenza tanto cari alla Unione Europea. Per evitare che tutto ciò non incorra in pratiche non trasparenti è di fondamentale rilevanza promuovere la formazione di tutti gli attori coinvolti, apprendere le famose best practice già sperimentate in altri contesti, innervare il tessuto interistituzionale e le organizzazioni sociali “secondo modalità improntate al rispetto di standard di qualità e impatto sociale del servizio, obiettività, trasparenza e semplificazione”.

Renato Scordamaglia


Inclusione e coesione sociale in una regione solidale

Le migrazioni sono inequivocabilmente tra i fenomeni mondiali, sociali ed economici più dibattuti, soprattutto nel mondo occidentale. L’agorà contemporanea che si pronuncia su un argomento così importante per le vite di una moltitudine di donne, di uomini e di minori d’età rischia di restare intrappolata nelle narrazioni disinformate, scomposte, aggressive, ancorate alle interpretazioni superficialmente emergenziali e securitarie o, nel migliore dei casi, umanitaristiche e assistenzialistiche.

La questione migratoria, come riscontrabile in una letteratura consolidata, ha invece un retroterra storico, giuridico, antropologico, politico ed economico plurisecolare; basterebbe questo per non liquidare come “emergenziale” l’attitudine millenaria degli esseri umani di utilizzare la propria mobilità come fattore di libertà negative (liberi dalla fame, dalle guerre, dalle catastrofi ambientali, dai regimi dispotici) e di libertà positive (liberi di scegliere, di muoversi, di cercare un nuovo progetto di vita e di ricongiungersi.

Diamo uno sguardo sintetico ai dati: nel 2019, attesa la caratterizzazione globale delle migrazioni, sono stati circa 272 milioni i migranti internazionali, il 3,5% della popolazione mondiale. A ospitarne il maggior numero è l’Europa (89,2 milioni), seguita nell’ordine dall’Asia (77,5 milioni), dall’America (quasi 70 milioni), dall’Africa (26,3 milioni) e dall’Oceania. In Italia i soggiornanti non U.E. sono 3.615.826, in Calabria poco più di 50.647. [1]

L’andamento della mobilità internazionale è in constante aumento, mentre alle nostre latitudini regionali si registra una tendenza demografica in contrazione, probabile frutto della perdurante marginalità socio-economica della regione e delle assenze di chances che hanno allontanato anche una consistente parte delle giovani generazioni locali, costrette ad una mobilità “necessaria”.

Nonostante il recente calo di presenze “straniere” negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un dato fenomenico sempre più “strutturato e strutturante”.

Strutturato perchè l’esperienza migratoria è diventata nel corso di questi anni un progetto di radicamento (un probabile non ritorno nei paesi di origine) e di insediamento territoriale. Strutturante perché la nuova collocazione si fa funzione di un meccanismo di trasformazione sociale e istituzionale del paese che accoglie. La prima evidenza di questa nuova realtà sociale è la domanda e l’offerta di welfare che gli individui e le famiglie rivolgono alle istituzioni e alle organizzazioni territoriali. Da una parte una domanda di welfare generativo, non subordinato a mere pratiche di sostentamento, diretta ad esempio al ripopolamento di borghi sottoposti a progressivo abbandono e alla conseguente ripresa di prestazioni essenziali in determinati contesti (si pensi al caso dei servizi educativi per l’infanzia nelle aree rurali). Altrettanto avviene quando aumentano gli iscritti negli istituti scolastici regionali (sono circa 12.000 i giovani presenti in tutti gli ordini e gradi del mondo dell’istruzione regionale) oppure quando si potenziano, grazie alle domande di alfabetizzazione, i centri professionali per l’istruzione e l’apprendimento nelle aree urbane. Dall’altra, l’offerta di lavoro nei servizi di cura nonché in vari settori dell’economia, come le filiere agroalimentari, zootecniche, edili o della ristorazione.

E’ un fatto consolidato il progressivo e irrinunciabile contributo che i nuovi residenti apportano, tramite la fiscalità generale, alle casse dello Stato e al suo sistema previdenziale eppure assistiamo, alle volte increduli, al pensiero escludente (respingente) di chi vede nei nuovi arrivati solo “utili invasori” (Ambrosini, 2005) o del pensiero dominante che parla di lavoratori “wanted, but not welcome” (richiesti, ma non benvenuti, Zolberg, 1987).

Quando parliamo di evidenza o di fatto sociale consolidato, ci riferiamo non solo ai rapporti pubblicati dalla Banca d’Italia, dal sistema camerale, dall’INPS e da altri numerosi istituti di ricerca, ma anche ai vantaggi che sono sotto  gli occhi di tutti: l’indispensabilità di un riequilibrio demografico, oramai  destinato al progressivo declino; l’impegno e l’occupazione di molti giovani professionisti “autoctoni”, il famoso capitale sociale, nella rete dei servizi di accoglienza e di inclusione; l’impiego di donne e uomini in quei lavori che sciaguratamente riteniamo dirty, dangerous and demeaning (sporchi, pericolosi e umilianti), accusando poi i migranti di averceli sottratti.

Alla luce di questa semplice, e non semplificatoria, riflessione, ci si deve chiedere cosa si può fare per non cadere nella trappola della paura dei “diversi” da noi, o nel rifiuto degli irrinunciabili processi di integrazione, che non possono essere unidirezionali. Per intenderci o l’integrazione è reciproca o non è. Il rischio è di promuovere esclusivamente modelli di tipo assimilazionista, imponendo sulla carta i doveri della “civic integration” e nel mondo reale i disvalori della diseguaglianza sociale ed economica, della discriminazione e della marginalità, come fatto ineluttabile che già attanaglia una parte sociale rilevante della nostra regione.

La Commissione europea presentando a Settembre 2020 il nuovo patto per le migrazioni e l’asilo sembrava aver aperto uno spiraglio ad una riforma sostanziale del cosiddetto regolamento “Dublino”, la norma europea che obbliga il richiedente asilo a presentare la relativa domanda solo nel paese di primo ingresso.

Sono molti gli osservatori che, al contrario delle aspettative, registrano una profonda delusione, salvo qualche eccezione nei criteri che consolidano i ricongiungimenti familiari: nulla cambia nella sostanza, se non un peggioramento burocratico internazionale a carico dei richiedenti asilo, sotteso al governo selettivo della mobilità nonché ulteriori purgatori di contenimento (Moria docet). Se a questo aggiungiamo che la proposta del nuovo patto manca di una vera visione di solidarietà comunitaria, lasciando agli stati membri ampi margini di discrezionalità sulla efficace ricollocazione dei migranti, il cammino verso l’effettiva applicazione dello “ius migrandi” si complica inevitabilmente.

Dunque, le migrazioni del futuro rischiano di non essere “fortunate” in Europa, e la conseguenza è che anche in Italia si possa assistere a uno stallo delle politiche migratorie inclusive già ampiamente bersagliate da una produzione legislativa segnata da innumerevoli contraddizioni giuridiche e disomogeneità procedurali.

In un quadro geopolitico complesso, oltre ogni congiuntura di emergenza sanitaria in corso, anche nella nostra regione resta ancora irrisolta la domanda del “che fare?”.

La Calabria in realtà, tra luci e ombre, si è distinta per aver costruito una rete diffusa di accoglienza in centinaia di comuni, sia a favore dei giovani migranti richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, sia a supporto dei minori stranieri non accompagnati. Ogni esperienza territoriale ha rappresentato, ciascuna a suo modo, un esempio fattivo di integrazione, la sperimentazione in concreto del principio di sussidiarietà ed ha favorito un processo di investimento nel capitale sociale e una riattivazione dei welfare locali, altrimenti dimenticati da un processo di riforma ventennale mai sostanzialmente compiuto. La capillarità territoriale dei percorsi di accoglienza ha consentito a molte amministrazioni di dare attuazione alle procedure di coprogettazione con le organizzazioni non lucrative, attori che hanno liberato energie per sperimentare e realizzare, tra gli altri, una miriade di progetti creativi, di interventi di manutenzione del territorio, di rigenerazione urbana e abitativa.

Accanto al sistema di accoglienza si sono affiancati decine di programmi di formazione, di istruzione, di inclusione socio lavorativa, di housing sociale, di contrasto alle forme di sfruttamento dal caporalato e di sostegno alle vittime di tratta. Per salvaguardare e capitalizzare tutto ciò abbiamo bisogno di un sistema di governance, per sua natura condiviso e partecipato, che persegua apertamente una strategia di coesione sociale e un sistema di economia solidale, indispensabile all’affermazione di una nuova forma di convivenza interculturale fondata sul riconoscimento delle diversità e sulla partecipazione attiva di ogni suo abitante.

 

Renato Scordamaglia

(Agente di sviluppo)

[1] Dossier statistico immigrazione 2020