Archives: Dicembre 30, 2020

Il debito sanitario della Regione Calabria ed una norma di favore (fin troppo) nella legge di bilancio 2021

Nella legge di Bilancio 2021 che sta per essere approvata dal Parlamento è stato inserito un emendamento che consente alla Regione Calabria di accendere un mutuo trentennale per ripianare i debiti pregressi. Ne potrebbe conseguire la cessazione della gestione commissariale ma ciò può considerarsi ingiusto nei confronti di tutte le altre otto regioni a suo tempo commissariate le quali  uscirono da tale gestione virtuosamente senza ricorrere a mutui che erano vietati dalla legge sul commissariamento

Debiti Eliminati del 70% - Studio Legale Fassari, Ragazzi, Ferrante

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Inclusione e coesione sociale in una regione solidale

Le migrazioni sono inequivocabilmente tra i fenomeni mondiali, sociali ed economici più dibattuti, soprattutto nel mondo occidentale. L’agorà contemporanea che si pronuncia su un argomento così importante per le vite di una moltitudine di donne, di uomini e di minori d’età rischia di restare intrappolata nelle narrazioni disinformate, scomposte, aggressive, ancorate alle interpretazioni superficialmente emergenziali e securitarie o, nel migliore dei casi, umanitaristiche e assistenzialistiche.

La questione migratoria, come riscontrabile in una letteratura consolidata, ha invece un retroterra storico, giuridico, antropologico, politico ed economico plurisecolare; basterebbe questo per non liquidare come “emergenziale” l’attitudine millenaria degli esseri umani di utilizzare la propria mobilità come fattore di libertà negative (liberi dalla fame, dalle guerre, dalle catastrofi ambientali, dai regimi dispotici) e di libertà positive (liberi di scegliere, di muoversi, di cercare un nuovo progetto di vita e di ricongiungersi.

Diamo uno sguardo sintetico ai dati: nel 2019, attesa la caratterizzazione globale delle migrazioni, sono stati circa 272 milioni i migranti internazionali, il 3,5% della popolazione mondiale. A ospitarne il maggior numero è l’Europa (89,2 milioni), seguita nell’ordine dall’Asia (77,5 milioni), dall’America (quasi 70 milioni), dall’Africa (26,3 milioni) e dall’Oceania. In Italia i soggiornanti non U.E. sono 3.615.826, in Calabria poco più di 50.647. [1]

L’andamento della mobilità internazionale è in constante aumento, mentre alle nostre latitudini regionali si registra una tendenza demografica in contrazione, probabile frutto della perdurante marginalità socio-economica della regione e delle assenze di chances che hanno allontanato anche una consistente parte delle giovani generazioni locali, costrette ad una mobilità “necessaria”.

Nonostante il recente calo di presenze “straniere” negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un dato fenomenico sempre più “strutturato e strutturante”.

Strutturato perchè l’esperienza migratoria è diventata nel corso di questi anni un progetto di radicamento (un probabile non ritorno nei paesi di origine) e di insediamento territoriale. Strutturante perché la nuova collocazione si fa funzione di un meccanismo di trasformazione sociale e istituzionale del paese che accoglie. La prima evidenza di questa nuova realtà sociale è la domanda e l’offerta di welfare che gli individui e le famiglie rivolgono alle istituzioni e alle organizzazioni territoriali. Da una parte una domanda di welfare generativo, non subordinato a mere pratiche di sostentamento, diretta ad esempio al ripopolamento di borghi sottoposti a progressivo abbandono e alla conseguente ripresa di prestazioni essenziali in determinati contesti (si pensi al caso dei servizi educativi per l’infanzia nelle aree rurali). Altrettanto avviene quando aumentano gli iscritti negli istituti scolastici regionali (sono circa 12.000 i giovani presenti in tutti gli ordini e gradi del mondo dell’istruzione regionale) oppure quando si potenziano, grazie alle domande di alfabetizzazione, i centri professionali per l’istruzione e l’apprendimento nelle aree urbane. Dall’altra, l’offerta di lavoro nei servizi di cura nonché in vari settori dell’economia, come le filiere agroalimentari, zootecniche, edili o della ristorazione.

E’ un fatto consolidato il progressivo e irrinunciabile contributo che i nuovi residenti apportano, tramite la fiscalità generale, alle casse dello Stato e al suo sistema previdenziale eppure assistiamo, alle volte increduli, al pensiero escludente (respingente) di chi vede nei nuovi arrivati solo “utili invasori” (Ambrosini, 2005) o del pensiero dominante che parla di lavoratori “wanted, but not welcome” (richiesti, ma non benvenuti, Zolberg, 1987).

Quando parliamo di evidenza o di fatto sociale consolidato, ci riferiamo non solo ai rapporti pubblicati dalla Banca d’Italia, dal sistema camerale, dall’INPS e da altri numerosi istituti di ricerca, ma anche ai vantaggi che sono sotto  gli occhi di tutti: l’indispensabilità di un riequilibrio demografico, oramai  destinato al progressivo declino; l’impegno e l’occupazione di molti giovani professionisti “autoctoni”, il famoso capitale sociale, nella rete dei servizi di accoglienza e di inclusione; l’impiego di donne e uomini in quei lavori che sciaguratamente riteniamo dirty, dangerous and demeaning (sporchi, pericolosi e umilianti), accusando poi i migranti di averceli sottratti.

Alla luce di questa semplice, e non semplificatoria, riflessione, ci si deve chiedere cosa si può fare per non cadere nella trappola della paura dei “diversi” da noi, o nel rifiuto degli irrinunciabili processi di integrazione, che non possono essere unidirezionali. Per intenderci o l’integrazione è reciproca o non è. Il rischio è di promuovere esclusivamente modelli di tipo assimilazionista, imponendo sulla carta i doveri della “civic integration” e nel mondo reale i disvalori della diseguaglianza sociale ed economica, della discriminazione e della marginalità, come fatto ineluttabile che già attanaglia una parte sociale rilevante della nostra regione.

La Commissione europea presentando a Settembre 2020 il nuovo patto per le migrazioni e l’asilo sembrava aver aperto uno spiraglio ad una riforma sostanziale del cosiddetto regolamento “Dublino”, la norma europea che obbliga il richiedente asilo a presentare la relativa domanda solo nel paese di primo ingresso.

Sono molti gli osservatori che, al contrario delle aspettative, registrano una profonda delusione, salvo qualche eccezione nei criteri che consolidano i ricongiungimenti familiari: nulla cambia nella sostanza, se non un peggioramento burocratico internazionale a carico dei richiedenti asilo, sotteso al governo selettivo della mobilità nonché ulteriori purgatori di contenimento (Moria docet). Se a questo aggiungiamo che la proposta del nuovo patto manca di una vera visione di solidarietà comunitaria, lasciando agli stati membri ampi margini di discrezionalità sulla efficace ricollocazione dei migranti, il cammino verso l’effettiva applicazione dello “ius migrandi” si complica inevitabilmente.

Dunque, le migrazioni del futuro rischiano di non essere “fortunate” in Europa, e la conseguenza è che anche in Italia si possa assistere a uno stallo delle politiche migratorie inclusive già ampiamente bersagliate da una produzione legislativa segnata da innumerevoli contraddizioni giuridiche e disomogeneità procedurali.

In un quadro geopolitico complesso, oltre ogni congiuntura di emergenza sanitaria in corso, anche nella nostra regione resta ancora irrisolta la domanda del “che fare?”.

La Calabria in realtà, tra luci e ombre, si è distinta per aver costruito una rete diffusa di accoglienza in centinaia di comuni, sia a favore dei giovani migranti richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, sia a supporto dei minori stranieri non accompagnati. Ogni esperienza territoriale ha rappresentato, ciascuna a suo modo, un esempio fattivo di integrazione, la sperimentazione in concreto del principio di sussidiarietà ed ha favorito un processo di investimento nel capitale sociale e una riattivazione dei welfare locali, altrimenti dimenticati da un processo di riforma ventennale mai sostanzialmente compiuto. La capillarità territoriale dei percorsi di accoglienza ha consentito a molte amministrazioni di dare attuazione alle procedure di coprogettazione con le organizzazioni non lucrative, attori che hanno liberato energie per sperimentare e realizzare, tra gli altri, una miriade di progetti creativi, di interventi di manutenzione del territorio, di rigenerazione urbana e abitativa.

Accanto al sistema di accoglienza si sono affiancati decine di programmi di formazione, di istruzione, di inclusione socio lavorativa, di housing sociale, di contrasto alle forme di sfruttamento dal caporalato e di sostegno alle vittime di tratta. Per salvaguardare e capitalizzare tutto ciò abbiamo bisogno di un sistema di governance, per sua natura condiviso e partecipato, che persegua apertamente una strategia di coesione sociale e un sistema di economia solidale, indispensabile all’affermazione di una nuova forma di convivenza interculturale fondata sul riconoscimento delle diversità e sulla partecipazione attiva di ogni suo abitante.

 

Renato Scordamaglia

(Agente di sviluppo)

[1] Dossier statistico immigrazione 2020


Loredana Lo Faro – Calabria Condivisa, una Rete per cambiare le sorti della Calabria

Intervista a Loredana Lo Faro, avvocata, rappresentante della nuova rete calabrese. Una Rete, una galassia di persone, eccellenze calabresi in diversi settori, dalle professioni alle arti, dalla pubblica amministrazione alle imprese, dalle politiche ambientali a quelle del welfare, dal giornalismo alla comunicazione. Persone che credono nel valore della condivisione di conoscenza e relazioni, di una visione della Calabria che possa cambiare solo passando dalla forza delle donne e degli uomini che la compongono. Senza aspettare altri, diventando forti perché insieme.