Archives: Marzo 31, 2021

Italiana: il nuovo romanzo di Giuseppe Catozzella

Mimma Sprizzi

Provate ad avvicinare molto agli occhi qualcosa che volete vedere molto bene, volete farlo  perché avete l’urgenza di comprenderla a fondo. Quello che accadrà anche avendo una vista perfetta sarà di vedere l’oggetto della vostra indagine in modo sfocato e per nulla chiaro. Bisogna allontanarsi dall’oggetto per guardarlo a fondo, per ottenere la nitidezza dell’immagine che vi porterà alla verità. Con questa prospettiva ben chiara, leggere Italiana di Giuseppe Catozzella aiuta a capire visceralmente la Calabria, l’Italia, la guerra civile per l’unità, e perfino l’enorme senso di libertà e di dignità che alberga in chi crede nel sogno di un mondo migliore. La narrazione insomma di un mondo lontano, distante quanto basta per comprenderlo realmente.

La vicenda raccontata in Italiana si dipana poco prima dell’Unità di Italia.

E’ la storia di Maria Oliverio, nata nella miseria di una terra povera, quella della Sila calabrese contadina e montanara. La vita non è semplice: Maria trascorre gli anni prima dell’adolescenza in una casa alle pendici del bosco. Zia Maddalena, soprannominata “Zia Terremoto”, sarà per anni la sola persona con cui dividere le giornate, poiché anche la donna era rimasta sola dopo che il marito era andato a vivere nei boschi. Maria cresce conoscendo la miseria e la fatica, il sacrificio e la rassegnata sottomissione delle donne, donne che però imprimono nell’animo della bambina Maria il senso di libertà e giustizia, che la porterà ad essere la prima brigantessa del sud Italia.

Gli echi degli insegnamenti di sua nonna dovevano accompagnarla nei boschi. Quella nonna vissuta in un piccolissimo villaggio di montagna sopra Lorica, che ripeteva senza sosta che in montagna “Non ci sono i padruni!  in montagna i padroni non ci arrivavano e si viveva con il cuor più leggero”

Maria sceglie la rivolta, la resistenza a quella che vive come una guerra che li libererà dalla sottomissione , e dalla povertà. Diventa La brigantessa Ciccilla. E’ legata alle sue radici, Teresa, legata a quello che aveva saputo dalla  “zia Terremoto”,  inghiottita anche lei dal bosco della montagna per seguire il marito che insieme ad altri compagni, assaltava le masserie dei nobili e dei gentiluomini, cercando di non fare feriti; poi tornava in paese e divideva il maltolto con i braccianti.
– Fa come fa il bosco- aveva detto zia- si riprende ciò che è suo – Ziu’ tiene a testa china i suogni- suogni di un avvenire giusto, suogni grandi-”

Ciccilla è diversa,  si taglia i capelli, vive come un uomo, combatte con il coraggio di una donna.  Le fa compagnia una lupa addomesticata, anche lei simbolo vivente di bellezza e forza.

Ciccilla diventa famosa: di lei scrivono i giornali, delle sue gesta racconta perfino Alexandre Dumas.

“Ciccilla passa la giovinezza nei boschi, apprende la grammatica della libertà, legge la natura, impara a conoscere la montagna, a distinguere il giusto dall’ingiusto, e non teme di battersi, sia quando sono in gioco i sentimenti, sia quando è in gioco l’orizzonte ben più ampio di una nuova umanità. Il volo del nibbio, la muta complicità di una lupa, la maestà ferita di un larice, tutto le insegna che si può ricominciare ogni volta daccapo, per conquistarsi un futuro come donna, come rivoluzionaria, come italiana di una nazione che ancora non esiste ma che forse sta nascendo con lei”

Una Calabria bellissima dunque, piena di poesia, di forza, di miseria ma anche di grande voglia di riscatto. La fotografia di una terra che vorremmo ci somigliasse di più.


Online il IV numero della Rubrica dell’Osservatorio economico-territoriale delle politiche del lavoro

Fonte: Anpalservizi.it

Regione Calabria, pubblicato il quarto numero della Rubrica dell’Osservatorio economico-territoriale delle politiche del lavoro in collaborazione con Anpal Servizi

Focus su Reddito di cittadinanza ed effetti delle principali misure di contrasto alla crisi

È on line il quarto numero della Rubrica dell’Osservatorio economico-territoriale delle politiche del lavoro realizzato dal Dipartimento Lavoro, Sviluppo economico, Attività produttive e turismo della Regione Calabria. La Rubrica è realizzata in collaborazione con Anpal Servizi, oltre che con l’Ufficio statistico regionale, l’Azienda Calabria Lavoro, l’Università.

Un numero particolarmente interessante, che aggiorna i consueti dati di contesto aggiungendo un ulteriore aspetto, quello dei lavoratori avviati fuori Regione, e che focalizza l’approfondimento sia sugli effetti del Reddito di cittadinanza relativamente alla popolazione calabrese, sia sulle principali misure di contrasto alla crisi derivante dall’emergenza sanitaria.
In sintesi, secondo i dati forniti dall’Osservatorio-Laboratorio, gli occupati passano da 550.520 al 31/12/2019, ai 531.220 lavoratori occupati di fine settembre 2020, corrispondente ad una perdita netta pari a – 19.302 lavoratori occupati; i disoccupati passano da 146.373 persone, alla data del 31/12/2019, ai 146.087 di fine settembre 2020, corrispondente ad una diminuzione di lavoratori disoccupati pari a -286 lavoratori. Gli inattivi passano da 586.713 persone, alla data del 31/12/2019, a 577.798 persone, alla fine di settembre 2020. Una variazione che esprime una diminuzione del numero di persone (- 8.915) che non lavorano e non sono alla ricerca di un’occupazione. Si passa inoltre dalle 189.472 persone in Forza Lavoro Potenziale, alla data del 31/12/2019, ai 190.554 di fine marzo 2020, corrispondente ad un aumento pari a +1.082 persone che “…non cercano attivamente un lavoro, ma sono disponibili a lavorare”. Un ulteriore dato interessante riguarda i lavoratori calabresi avviati a lavoro: nel 2020, il totale è pari a 106.011 unità; una componente molto significativa è costituita dai lavoratori che si sono spostati fuori regione per andare a lavorare: sono 15.875, corrispondenti al 15,00 % circa. In termini numerici i calabresi che vanno a lavorare fuori regione con il titolo universitario sono 4.636, corrispondente al 29,00% circa dei lavoratori andati fuori regione.

Per quanto riguarda invece il Reddito di cittadinanza, è opinione generale che abbia svolto e stia svolgendo una funzione fondamentale di contenimento delle ricadute negative dell’emergenza sanitaria sul mercato del lavoro. In Calabria al 31 dicembre 2020 i Nuclei familiari percettori in totale, sono 80.886, dei quali  74. 035 (91,5%) percettori di Rdc, e 6.581 ( 8,5%) percettori di  Pensione di Cittadinanza. I beneficiari totali sono complessivamente 187.622 dei quali 179.593 percettori di Rdc; e 8.029 percettori di Pensione di cittadinanza. Dall’avvio del RdC, nel marzo 2019, si registra un’incidenza molto elevata di beneficiari in rapporto alla popolazione residente (9,91%), circa un punto percentuale al di sopra della media delle regioni del Sud e che si attesta al dato registrato per le Regioni insulari.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio INPS su Reddito e Pensione di Cittadinanza, in Calabria al 31 dicembre 2020 risultano poco meno di 145 mila le domande di RdC presentate, un dato che corrisponde al 10% del totale nazionale. Di queste 104.535 sono le domande accolte di cui il 12,5% risultano decadute o revocate, mentre il 10% sono quelle che hanno terminato il ciclo di erogazione; 9.372 risultano essere in fase di lavorazione da parte dell’INPS e di queste oltre il 60% corrisponde a domande di rinnovo del beneficio. Il restante 21% delle domande presentate (n. 30.923) è costituito dalle istanze respinte o cancellate.

In questo quadro, tre gli assi principali su cui si basano le conclusioni dell’analisi condotta dall’Osservatorio in questo numero: fiducia, per contrastare l’effetto scoraggiamento, rilevabile dall’andamento generale degli inattivi, superiore a quello dei lavoratori occupati, con una tendenza consolidata a partire dal 2005; territorio, per rendere attrattivo il sistema regione, per frenare la perdita di risorse umane, rilevabile dall’avviamento al lavoro di calabresi con trasferimento in altre regioni d’Italia; competenze, per valorizzare il capitale umano e creare opportunità, per limitare la perdita di forze lavoro qualificate, come si può rilevare dal consistente numero di persone, con titolo di studio universitario, che si trasferiscono in altre regioni d’Italia.

Il numero di marzo prelude a un cambiamento, o meglio, a una crescita dello strumento che il Dipartimento Lavoro e Sviluppo economico mette a disposizione dei decisori perché possano attingere a dati fattuali per fare le loro scelte: “Abbiamo avviato il lavoro dell’Osservatorio – spiega Cosimo Cuomo, dirigente del Dipartimento Lavoro che del progetto dell’Osservatorio è coordinatore e responsabile scientifico – in forma sperimentale, e adesso l’attività va consolidandosi sempre più, valorizzando le professionalità e le competenze interne, e stringendo una forte collaborazione con Anpal Servizi. Abbiamo sin qui analizzato le dinamiche del mercato del lavoro calabrese, anche attraverso l’approfondimento su due tra le principali politiche di contrasto alla crisi economica e occupazionale, il reddito di cittadinanza e la cassa Covid. La prima evidenza che ovviamente i dati ci restituiscono è che si tratta di dinamiche consolidate, che l’emergenza sanitaria ha chiaramente acuito. L’altra, che la popolazione in età lavorativa nella nostra Regione va assottigliandosi. Due elementi che già da soli danno un quadro preoccupante. Ecco perché ora si tratta di passare dall’analisi alle proposte: quello che faremo a partire dal prossimo numero è introdurre anche la prospettiva, cioè sulla base di quanto sinora approfondito, individuare linee possibili di ripresa a supporto del governo regionale”. Ma non finisce qui: “Il lavoro dell’Osservatorio – prosegue Cuomo – si svolge a stretto contatto con l’Ufficio statistico regionale e con il Dipartimento programmazione. Anche con il Dipartimento Agricoltura, inoltre, stiamo portando avanti una fruttuosa collaborazione sia per quanto riguarda l’implentazione normativa per l’attuazione dei distretti, sia per misurare l’impatto delle politiche di innovazione nella filiera agroalimentare dal punto di vista occupazionale”. E intanto, man mano che la mission dell’Osservatorio si sposta dall’analisi dei dati e del contesto all’integrazione degli indicatori di sviluppo e produttività, l’interazione con Anpal Servizi è destinata a diventare sempre più stretta. È allo studio inoltre uno spazio web dedicato che aiuterà l’Osservatorio a divulgare in maniera ancora più efficace i suoi studi e a metterli a disposizione in maniera più immediata di decisori e cittadini.

Qui puoi leggere il quarto numero


Il ponte dell’inclusione per abbattere i muri dell’autismo, il progetto di una scuola catanzarese

Fonte: LaCnews24

L’idea è stata anche apprezzata dall’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Al centro del progetto una poesia su un bruco che sogna di volare

L’attenzione ai bisogni educativi di tutti ha, da sempre, contraddistinto l’Istituto Comprensivo Mater Domini di Catanzaro. In occasione della Giornata sulla Consapevolezza dell’Autismo, la dirigente scolastica, Rosetta Falbo, ha fortemente voluto che, tale attenzione, potesse oltrepassare i cancelli dei diversi plessi dell’Istituto per consegnare, alla comunità tutta, la forza di un messaggio culturale.

La difficoltà, caratterizzata dalle doverose “distanze” del tempo pandemico è stata superata grazie all’idea della referente su sostegno dell’Istituto, Stella Sicari, e del gruppo delle docenti di sostegno: gli alunni di ogni singola classe hanno creato un mattone – simbolo di un muro di indifferenza da abbattere – e tante farfalle, emblema di bellezza e leggerezza, con le quali è stato costruito il “ponte dell’inclusione“. Ecco il messaggio della comunità scolastica dell’Istituto Comprensivo Mater Domini: abbattere ogni muro e, grazie alla cultura, all’empatia e alla leggerezza, costruire ponti che avvicinano gli esseri umani tutti.

Al centro del progetto, una poesia originale creata per veicolare il messaggio e raggiungere più persone possibili. Un progetto che ha ricevuto il plauso del professore Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione, che prosegue l’opera già adottata durante il suo mandato ministeriale di vivere la scuola riconoscendole il ruolo di pilastro portante della società e del futuro. Il plauso dell’ex ministro, veicolato attraverso un video, esprime, anche riprendendo le stesse parole della poesia del progetto, come ogni messaggio culturale teso a valorizzare la diversità, costituisca un valore per tutto il Paese.


QUANDO UN BORGO MEDIOEVALE SPOPOLATO PUÒ DIVENTARE IL LUOGO GIUSTO IN CUI VIVERE

Fonte: Mezziogiornoitalia.it

Guerino Nisticò

In Calabria, tra i tanti “esperimenti” in corso da tempo, emerge anche l’esperienza di Badolato come un “Borgo-Natura Slow & Smart”, con una nutrita presenza di cittadini stranieri.

Dalla pandemia non solo macerie, ma anche sfide e prospettive per nuove opportunità e potenziali forme di “ri-abitazione” del Sud.

Il Mezzogiorno d’Italia, con i suoi piccoli comuni, vive da decenni il grande rischio dello spopolamento, dell’abbandono e della desertificazione sociale ed economica. Siamo giunti ad un punto di non ritorno e ai nostri occhi si prospetta una situazione paradossale: da un lato, l’acuirsi di problematiche storiche, drammaticamente lasciate irrisolte che comportano lo svuotamento del Sud; dall’altro, una speculare opportunità per il futuro, con la prospettiva di una potenziale risoluzione del fenomeno dello spopolamento con una nuova visione delle cose, probabilmente accentuata dalla pandemia e da ciò che ha creato in questi mesi con tutte le sue contraddizioni e complessità. Tra le sue macerie si intravedono ombre e luci, con dinamiche svariate e contorte – di cui abbiamo preso consapevolezza e coscienza collettiva – che hanno fatto esplodere l’attuale sistema sociale ed economico, con una crisi sanitaria ed ambientale e con la messa in discussione dei vecchi paradigmi di produzione, stili di vita e modelli di consumo.

La sfida è finalmente riuscire a meridionalizzare l’Italia e ribaltare la prospettiva e la discussione politico-economica sul “Next Generation EU” con un nuovo pensiero meridiano. Ripartire quindi dal Sud smuovendo Regioni e Comuni ad avanzare e far valere proposte concrete, utili a risolvere definitivamente la vecchia e nuova questione meridionale, e a colmare il doppio divario Nord/Sud e Italia/Europa, le forti diseguaglianze tra cittadini e territori e il disequilibrio demografico. Il Piano nazionale di recupero e resilienza potrebbe essere l’ultima occasione per non far morire il Sud, le aree interne ed i suoi borghi.

Le dinamiche dello spopolamento sono quasi sempre le stesse – tra eventi e catastrofi naturali, grandi emigrazioni di massa, soffocamento dei territori da parte delle mafie, crisi economiche e disoccupazione – ed i badolatesi le conoscono molto bene. Infatti, l’esperienza del nostro borgo, che nei decenni passati ha rischiato di divenire un “paese fantasma”, insegna che la resistenza decisa al latente processo di abbandono e spopolamento può condurre ad una rivitalizzazione sociale ed economica, seppure lenta, in chiave soprattutto turistico-culturale, con un’idea di turismo attento alle persone e all’ambiente e lontano dall’essere un meccanismo di consumo, ed agricola (“Badolato paese in vendita” 1986-88; “Badolato paese solidale, ospitale e accogliente” dal 1997 in poi; “Badolato paese degli artisti e degli stranieri” dal 2001 in poi). Una rivitalizzazione resa possibile dall’implementazione di un modello pioniere di “ospitalità diffusa” (nato a ridosso dei progetti sperimentali di accoglienza ai migranti e sviluppatosi meglio intorno al 2000/2001), con un suo micro-sistema di economia sostenibile costruito dal basso, in cui il Genius Loci è la stessa comunità locale che, in un paese-comunità come Badolato, oggi crocevia di popoli e culture, è da secoli vocata alla “filoxenia” (amore per il forestiero), a forme autentiche di accoglienza ed ospitalità con processi virtuosi di contaminazioni interculturali pro-positive.

Al momento, nel centro storico di Badolato, un vero e proprio “borgo natura – slow & smart”, sono domiciliate oltre 200 persone e tra queste sono oltre 60 (tra permanenze stabili e lunghi soggiorni) le cittadine ed i cittadini stranieri (pensionati, famiglie con bambini, singoli, migranti) che abitano, vivono ed interagiscono nei e con i luoghi che caratterizzano il vivere quotidiano di Badolato. È in atto, in piccola scala, un fenomeno interessante che sta dando forma e corpo alla nascita di una nuova comunità interculturale e di respiro internazionale, composta da cittadini storici autoctoni e dai cosiddetti “neo-badolatesi/badolatesi d’adozione” quali ad esempio turisti italiani ed esteri, “cittadini temporanei” con famiglie di ospiti stranieri, migranti. Un microcosmo di globalizzazione sostenibile caratterizzato da coraggiose “restanze”, straordinarie “ritornanze” ed interessanti “nuove arrivanze”, a cui si aggiunge un segmento turistico importante (a tratti sproporzionato, ad esempio nel mese di agosto, che andrebbe regolato e gestito diversamente), caratterizzato da un variegato mondo di visitatori, ospiti, turisti residenziali, viaggiatori, nuovi cittadini.

Altro dato importante è il fatto che a Badolato sono circa 80 le famiglie straniere – provenienti soprattutto dal Nord Europa (svedesi, danesi, tedeschi, svizzeri, inglesi, olandesi, francesi ecc.) – che hanno acquistato casa nel borgo, circa 100 nella frazione marina (fenomeno immobiliare e di rigenerazione urbana interessante che in questi mesi di emergenza e crisi Covid-19 è ulteriormente aumentato, in proporzione, sia quantitativamente che qualitativamente). Sono quindi oltre 60, anche famiglie con bambini (circa 20), gli ospiti stranieri – tra neo-cittadini badolatesi e cittadini temporanei – che si sono trasferiti a vivere nel borgo durante l’intero anno, a volte con formule di “turismo residenziale” virtuoso (con formule di “turismo immersivo”, grazie al quale si può vivere appieno i luoghi), acquistando anche appezzamenti di terra per l’autoproduzione del cibo e/o avviando progetti innovativi di rigenerazione urbana e rurale di alcune aree abbandonate di Badolato. Per tanti un “buen ritiro”, per altri una “nuova destinazione umana” con una scelta di vita alternativa e coraggiosa, forse dettata anche da un pensiero d’avanguardia.

Ai numeri citati si devono aggiungere, inoltre, le tante “dimore” acquistate e ristrutturate (circa 100 unità), vissute stagionalmente e quindi trasformate in residenze estive o turistiche, da tanti “badolatesi d’adozione” (italiani e stranieri) appartenenti al mondo dello spettacolo e della cultura. Sono stati anche tanti i cittadini locali o gli emigrati badolatesi, sparsi in giro per il Mondo, che hanno ristrutturato le proprie case di famiglia nel borgo o dato vita a progetti innovativi nella filiera turistico-commerciale ed agricola-alimentare. Un processo di rivitalizzazione lento e paziente, che va sostenuto e che in questi ultimi anni ha fatto registrare – anche se per il momento solo durante la stagione turistica – la nascita e crescita di piccole attività turistico-commerciali gestite anche da giovani famiglie ed operatori.

Per far ciò bisogna impegnarsi anche a: potenziare la rete dei servizi locali e territoriali, partendo dai presidi sanitari e dalle infrastrutture, anche di carattere sociale; serve un “recovery future” capace di puntare ad investimenti green, investimenti pubblici strutturali e mirati, volti a creare anche ridistribuzione della ricchezza e nuove opportunità di lavoro, partendo dall’innovazione tecnologica e digitale; creare spazi comunitari di civiltà e bellezza, facendo diventare la marginalità e l’isolamento tipicità e valore aggiunto; internazionalizzare ulteriormente il processo avviato in questi anni con uno slancio rinnovato e strutturato; alzare il livello di vivibilità e l’offerta di servizi in generale; continuare inoltre a riqualificare l’esistente, preservando la vera ricchezza che era e resta il contesto naturalistico che vanta, in pochi chilometri quadrati, “quattro dimensioni” quali mare-spiagge, collina-borghi, campagna-agricoltura-fiumare, montagna-cascate-laghi.

Bisogna agire con una visione prospettica volta ad innescare processi “slow & smart”, capaci di combinare tradizione/autenticità/lentezza e innovazione/economie sostenibili ed agili, autoctoni e forestieri, con borghi e paesi dell’entroterra sempre più aperti al Mondo. Anche il “South Working”, fenomeno nato in questi ultimi mesi, sposato dalla Fondazione con il Sud e dalla SVIMEZ, potrebbe essere seriamente un’occasione di rilancio del di questo territorio. Una svolta epocale, anche rispetto al capovolgimento dei paradigma di produzione e del sistema di lavoro. Una opzione soddisfacente per i tantissimi “nomadi e creativi digitali” internazionali e per chi vorrebbe tornare o trasferirsi al Sud, coniugando nei fatti il proprio lavoro ad uno stile di vita lento e sostenibile, tipicamente mediterraneo.

Un’inversione di rotta e di prospettiva anche politica ed economica: l’ossessione per la “pura crescita economica” e del profitto, causa dei problemi attuali, non può più essere vista come la loro stessa soluzione. La sfida è anche liberare le persone dalle grinfie del lavoro, della produzione asfissiante e del surplus del lavoro del sistema capitalistico neo-liberista, e dar loro più tempo per godersi i luoghi, viverli insieme al resto della comunità. Provare quindi a godersi la propria vita in pieno e reale Ben-Essere e a stretto contatto con “Madre Natura”, riconquistando e praticando sempre il “diritto di respirare”, poiché può esser la stessa Natura a far sparire ogni paura, vecchia e nuova.


La Calabria si svuota: in 15 anni persi 100mila residenti

Fonte: Corriere della Calabria

Lo riporta lo studio di un osservatorio della Regione: tra il 2019 e il 2020 contrazione di circa 18mila abitanti. Se ne vanno soprattutto i giovani

Continua il calo demografico della Calabria: lo evidenza uno studio dell’Osservatorio-Laboratorio economico-territoriale sulle politiche del lavoro del Dipartimento regionale Lavoro della Regione Calabria. Lo studio, che analizza gli effetti della crisi sul mercato del lavoro nella regione, si sofferma anche sulle condizioni strutturali di contesto della Calabria, con particolare riferimento all’andamento demografico: sotto questo aspetto, dal report emerge la «consolidata tendenza alla contrazione della popolazione residente» considerando che «dai 1.998.792 abitanti all’1 gennaio del 2004 (100%) si è passati a 1.894.110 abitanti all’1 gennaio 2020 (-5,2%). Nel periodo preso a riferimento 2004-2020 la Calabria ha conosciuto una contrazione di 100mila residenti. Soltanto nel 2020 la Calabria ha continuato a perdere un’ulteriore quota di popolazione pari a –17.911 abitanti, rispetto al dato del 2019». Lo studio specifica inoltre che «oltre al dato complessivo, registrano un andamento costantemente negativo anche le fasce di popolazione in età compresa dai “0 e i 14 anni’” e dai “15 ai 64 anni”; contestualmente, al contrario, aumenta la popolazione in età “oltre i 65 anni”». Per l’Osservatorio-Laboratorio del Dipartimento Lavoro della Regione «la contrazione della fascia dai 15 ai 64 anni, corrispondente alla popolazione in forza lavoro, costituisce il fattore ad impatto più negativo sulla dinamica domanda/offerta di lavoro». Infine – si legge nello studio – nel 2020 l’indice di vecchiaia per la Calabria (rapporto percentuale tra il numero degli ultra sessantacinquenni e il numero dei giovani fino ai 14 anni/) corrisponde a 169,5 anziani ogni 100 giovani, mentre l’indice di dipendenza strutturale, corrispondente al carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni) è pari a 54,4 individui a carico, ogni 100 che lavorano.


Al via “Innovare in Rete”, a disposizione 10 mln di euro

Fonte: Vita.it

Banca Etica ed Entopan Innovation cercano imprese che coniugano innovazione sociale e trasformazione digitale con impatto sociale e ambientale positivo. I progetti selezionati riceveranno consulenza e finanziamenti fino 500mila euro. Candidature dal 29 marzo al 30 aprile

È pensato per startup, spin-off, Pmi ed enti del Terzo settore che abbiano già incubato o sviluppato iniziative ad elevato tasso di innovazione sociale e tecnologica per affrontare le sfide sociali e ambientali delle città e delle comunità. È il programma di accompagnamento per progetti innovativi a impatto sociale e ambientale “Innovare in rete”.

Il bando è aperto a iniziative innovative in ambiti quali l’economia circolare; la mobilità, l’ambiente e l’efficienza energetica; il welfare, la salute e la qualità della vita. Per candidare i progetti sulla piattaforma innovareinrete.entopaninnovation.it c’è tempo dal 29 marzo al 30 aprile 2021.

I progetti selezionati dovranno prevedere un piano di investimenti e spese correnti compresi tra i 300mila e i 500mila euro. Il finanziamento sarà erogato da Banca Etica a tasso agevolato e potrà essere restituito in un arco temporale di 10 anni, con un preammortamento di un anno. Il finanziamento andrà a coprire anche le spese di investimento per i servizi di pre-accelerazione e accelerazione curati dal network qualificato che costituisce il plus dell’iniziativa.
Innovare in rete è promosso dall’incubatore e acceleratore Entopan Innovation e da Banca Etica, in partnership con Fondazione Giacomo Brodolini, Fondazione Bruno Kessler ed Entopan Smart Networks & Strategies. Nello specifico, il programma consente di accompagnare le iniziative innovative lungo un percorso di crescita all’interno di un network di incubatori e acceleratori, centri di ricerca, mentor, corporate e investitori qualificati.

Il bando Innovare in rete mira a sostenere le progettualità nate da concreti fabbisogni di innovazione tecnologica che prevedano significativi impatti sociali, economici, ambientali sui sistemi territoriali e sulle comunità in cui agiscono, in coerenza con la risoluzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dal titolo “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” oltre che con gli obiettivi dei programmi “Green New Deal” e “Next Generation Eu” della Commissione Europea, nella prospettiva delle grandi sfide delle transizioni tecnologiche, verdi, economiche e sociali della contemporaneità. Innovare in Rete intende generare impatti concreti, positivi e misurabili anche alla luce della ricostruzione materiale e valoriale che richiederanno gli scenari post-pandemici.
L’obiettivo è quello di accrescere la competitività aziendale delle organizzazioni sui mercati nazionali e internazionali, attraverso la valorizzazione degli asset innovativi e l’abilitazione di un ampio e qualificato network di attori e stakeholder attenti alle iniziative ad impatto.

La precedente edizione del programma ha registrato 350 application, 52 progetti selezionati, 15 startup innovative incubate e accelerate a fronte di 6 milioni di euro già deliberati da Banca Etica. Un bilancio più che positivo che ha orientato la decisione di continuare a sostenere l’ecosistema innovativo attento agli impatti positivi dell’innovazione tecnologica, particolarmente in termini di inclusione e coesione sociale.
Le iniziative promosse stanno affrontando ora con successo la sfida del mercato: piattaforme di telemedicina con funzioni di assistenza a distanza, macchinari elettromedicali per interventi non invasivi sui pazienti, carrozzine smart di nuova generazione per migliorare la vita delle persone con disabilità, iniziative di responsabilità sociale d’impresa a sostegno delle agritech nei Sud del mondo, piattaforme digitali per la promozione della cittadinanza attiva e la protezione contro il cyberbullismo, etc.


Covid, Calabria in ginocchio. È in “zona rossa” economica

Fonte: Corriere della Calabria (qui disponibili anche i grafici statistici)

Sono sei le regioni italiane in maggiore sofferenza per la crisi. Rio: «Aumentano impoverimento e indebitamento»

Oltre 43 miliardi di maggiori debiti per imprese e famiglie, 456 mila occupati in meno e circa 5,2 miliardi di mancati incassi tributari locali. Drammatico anche il deficit di natalità: quasi 61 mila imprese in meno rispetto al 2019. E, ancora, crescita dell’incidenza della povertà familiare con circa 369 mila nuclei familiari in più in condizione di forte disagio economico. Sono sei le realtà regionali, infine, a risultare “più fiaccate” dalla crisi: Piemonte, Veneto, Trentino-Alto Adige, Liguria e Calabria.

È quanto emerge dall’ISER, l’indice di sofferenza economica regionale ideato da Demoskopika che, confrontando il 2020 rispetto al 2019, ha provato a quantificare i possibili impatti della pandemia sul sistema economico e sociale italiano sulla base di alcuni parametri: incidenza della povertà relativa familiare, occupati a tempo pieno e a tempo parziale, natalità imprenditoriale, prestiti alle imprese, credito al consumo alle famiglie e, infine, entrate tributarie ed extra-tributarie locali.

«La crisi pandemica – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – non ha colpito in modo uniforme tutte le economie locali. Gli indicatori osservati e sintetizzati dall’indice di sofferenza economica regionale evidenziano che alcuni sistemi regionali stanno soffrendo in maniera più elevata rispetto ad altri. Anche se per tutti l’allarme è indubbiamente rosso. Inoltre, – continua Raffaele Rio – la nuova ondata torna a far impennare la curva della preoccupazione di famiglie e imprese producendo una frenata alla natalità imprenditoriale e incrementando i bisogni di liquidità di famiglie e imprese. E ciò genera, nonostante le azioni di mitigazione dei provvedimenti pubblici, un ampliamento ulteriore del livello d’indebitamento e di impoverimento del sistema economico e sociale. Sarà fondamentale – conclude Raffaele Rio – comprendere come i sistemi locali reggeranno, in termini di sostenibilità, l’impatto della fine, ad esempio, del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione, della moratoria su prestiti, mutui e finanziamenti, delle misure di trasferimento di risorse aggiuntive agli enti locali».

Classifica ISER: Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige i sistemi “più sofferenti”. Per consentire una lettura più agevole, le regioni sono state classificate in tre cluster principali, in relazione al livello di sofferenza economica: molto elevato (zona rossa) elevato (zona arancione) e moderatamente elevato (zona gialla).Cinque realtà regionali con un livello sofferenza “molto elevato”, dieci con un livello “elevato” e le rimanenti cinque con un grado “moderatamente elevato”. È questo il quadro che emerge dall’ISER, l’indice di sofferenza economica regionale ideato da Demoskopika

In particolare, tra i sistemi economici e sociali maggiormente “provati” dall’emergenza pandemica (zone rosse) si collocano Piemonte che ha totalizzato 111,7 punti, Veneto con 107,8 punti e Trentino-Alto Adige con 107,5 punti. A influire negativamente sul posizionamento in vetta alla classifica sono stati prioritariamente l’andamento dei prestiti alle imprese per il Piemonte che ha registrato un incremento di oltre 9,2 miliardi di euro pari al 19 per cento rispetto al 2019, la crescita del 2,7 per cento dell’incidenza della povertà relativa per il Veneto quantificabile in oltre 56 mila nuovi nuclei familiari in condizione di forte disagio economico e, infine, il maggiore indebitamento delle famiglie per il Trentino-Alto Adige con una crescita del credito al consumo pari a 46 milioni di euro (+3,4%). E, inoltre, sempre nell’area dei sistemi economici e sociali con un livello di sofferenza “molto elevato” si posizionano altre due realtà regionali: Liguria (106,3 punti) con una contrazione della natalità imprenditoriale pari a quasi 2 mila nuove imprese (-21,2 per cento) e Calabria (104,7 punti) con una flessione quantificabile in oltre 23 mila occupati in meno (-4,3%).

A seguire, nell’area caratterizzata da un livello elevato di sofferenza economica (zone arancioni) si collocano: Marche (104,5 punti), Friuli-Venezia Giulia (102,7 punti), Lombardia (102,6 punti), Emilia-Romagna (101,7 punti) e Sardegna (100,6 punti). E, ancora, Lazio (99,7 punti), Umbria (99,6 punti), Campania (99,3 punti), Toscana (98,5) e Puglia (98,1 punti).

A subire, infine, un livello moderatamente elevato (zone gialle) dell’impatto dovuto al Covid-19, ergo significativamente “meno sofferente” rispetto agli altri, altri cinque sistemi locali: Valle d’Aosta (96,5 punti), Sicilia (95,1 punti), Molise (94,0 punti), Abruzzo (93,8 punti) e Basilicata (90,0 punti).

Disagio economico: la pandemia fa piombare 369 mila famiglie in più in condizione di povertà. Oltre 369 mila famiglie in più in condizione di povertà relativa la cui incidenza viene calcolata, secondo la definizione dell’Istat, sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. 

È questo l’impatto dell’emergenza pandemica sull’area del disagio economico stimato da Demoskopika per il 2020. In particolare, aumenterebbe del 2,1 per cento l’incidenza delle famiglie con difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi,  sul totale dell’universo dei nuclei familiari italiani: si passa dall’11,4 per cento del 2019 al 13,5 per cento del 2020. Sono tutte del Nord le realtà territoriali con la maggiore incidenza della povertà relativa. Nel dettaglio, sono oltre 56 mila, con un incremento dell’area del disagio economico pari a 2,7 punti percentuali, i nuclei familiari del Veneto piombati, causa crisi pandemica, nella condizione di povertà relativa. A seguire la Liguria con oltre 18 mila famiglie, pari ad una crescita di 2,4 punti percentuali e il Piemonte con circa 40 mila famiglie, pari ad un incremento di 2 punti percentuali. In direzione opposta, sono tutti nel Mezzogiorno, i sistemi regionali con un incremento meno rilevante del fenomeno: Sardegna con oltre 3,6 mila famiglie (+0,5 punti percentuali) e, infine, Molise, Abruzzo e Basilicata rispettivamente con 786 nuclei familiari, 3,4 mila nuclei e 1,4 mila nuclei con un’incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie per ciascuna regione pari allo 0,6 per cento.

Lavoro: crollano gli occupati. Maglia nera per Sardegna, Calabria e Molise. La crisi innescata dall’emergenza Covid-19, ha reso più vulnerabile anche il mercato del lavoro.  Secondo gli ultimi dati dell’Istat su base regionale, nel 2020 gli occupati hanno registrato una brusca frenata pari al 2 per cento: oltre 456 mila individui con un’occupazione in meno di cui più della metà (55%) ha riguardato soggetti con un posto di lavoro a tempo pieno. Una situazione ancora più evidente se confrontata al biennio precedente: nel 2019, in particolare, si è registrata una crescita pari allo 0,6 per cento rispetto all’anno precedente, quantificabile 145 mila nuovi occupati a tempo pieno e parziale mentre nello stesso periodo del 2018 l’incremento è stato pari allo 0,8 per cento con 192 mila occupati in più.

A livello regionale, sono principalmente sette i sistemi locali ad aver perso per strada, più significativamente, il numero degli occupati: Sardegna con una contrazione pari al 4,6 per cento (-27.224 occupati), Calabria con il 4,3 per cento (-23.472 occupati) e Molise con il 3,0 per cento (-3.280 occupati). Seguono Piemonte con il 2,8 per cento (-51.503 occupati), Veneto con il 2,4 per cento (-51.553 occupati), Valle d’Aosta con il 2,4 per cento (-1.352 occupati), Marche con il 2,2 per cento (-14.100 occupati) e Emilia-Romagna con il 2,1 per cento (-42.807 occupati).

Natalità: il Covid-19 frena la voglia di fare impresa. L’emergenza pandemica si abbatte sulla voglia di fare impresa. Nel 2020 le dinamiche di natalità rilevate registrano un decremento del 17,2 per cento rispetto al 2019, con 60.744 imprese in meno iscritte.

Seppur in un quadro complessivo di peggioramento, i dati evidenziano alcune differenze a livello territoriale. A primeggiare negativamente, in termini di variazione percentuale dal 2020 al 2019, il sistema economico delle Marche, con una contrazione del numero delle iscrizioni del 23,9 per cento, pari a 2.120 imprese in meno. Seguono, con una flessione al di sopra della media nazionale, la Liguria con una riduzione della natalità pari al 21,2 per cento (-1.985 imprese), il Piemonte con il 19,4 per cento (-5.030 imprese), il Lazio con il 19,2 per cento (-7.675 imprese), l’Emilia – Romagna con il 18,5 per cento (-4.700 imprese), la Toscana con il 18,1 per cento (-4.371 imprese). E, ancora, la Lombardia con il 17,6 per cento (-10.270 imprese), il Lazio con il 19,2 per cento (-7.675 imprese) e, infine, il Veneto (-4.627 imprese), la Puglia (-4.125 imprese) e il Trentino-Alto Adige (-1.152 imprese) con una contrazione pari al 17,5 per cento.

Accesso al credito: aumenta l’indebitamento delle imprese. Nei dodici mesi del 2020, Demoskopika, analizzando i dati di Bankitalia, ha rilevato la crescita dei prestiti alle imprese trainate dall’introduzione di consistenti garanzie pubbliche: oltre 42,3 miliardi di aumento del credito alle imprese pari ad un incremento del 6 per cento rispetto al 2019. A livello territoriale, l’aumento dei bisogni di liquidità del sistema imprenditoriale si è registrato maggiormente in tre realtà regionali: Piemonte con una crescita dei prestiti pari a 9,2 miliardi di euro (+19%), Friuli- Venezia Giulia con un incremento di 2,3 miliardi di euro (+15,7%) e il Lazio con un rialzo di 8,1 miliardi di euro (+10,3%) di maggiori crediti alle imprese. Tendenza diametralmente opposta per Abruzzo e Toscana i cui sistemi regionali hanno registrato una flessione dei prestiti alle imprese rispettivamente pari a 185,8 milioni di euro (-1,7%) e a 107,7 milioni di euro (-0,2%).

Credito al consumo: cresce la richiesta di liquidità delle famiglie. La crisi innescata dal Covid-19 sembra aver aumentato l’indebitamento, a breve termine, delle famiglie per l’acquisto di beni e servizi. Esaminando le dinamiche dei finanziamenti concessi, secondo i dati provvisori per regione di Bankitalia aggiornati al 30 settembre 2020, emerge uno scenario di crescente ricorso del credito al consumo. Ai nuclei familiari sono stati erogati oltre 1,1 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2019: si è passati dai 137,4 miliardi del 2019 ai 138,5 miliardi del 2020.

Analizzando i dati su base regionale, emerge che il maggiore ricorso ai finanziamenti di spesa corrente al fine di sostenere i consumi si è registrato principalmente tra le famiglie del Trentino-Alto Adige con 46 milioni di euro in più (+3,4%), del Piemonte con 218 milioni di euro (2,0%) e del Veneto con 171 milioni di euro (+1,7%). In sole tre realtà regionali, al contrario, il credito al consumo ha subìto una flessione: Basilicata con una contrazione di 13,2 milioni di euro (-1,2%), Molise con 7,2 milioni di euro (-1,1%) e Sardegna con 24 milioni di euro (-0,5%).

Entrate tributarie: oltre 5 miliardi di mancati incassi per gli enti locali. Anche gli enti locali italiani entrano in crisi di liquidità.  Nel 2020, il Covid-19 ha travolto anche le casse comunali e provinciali con una sforbiciata di ben 5.217 milioni di euro di mancati incassi, pari al 10,9 per cento, derivanti dai principali tributi locali rispetto allo stesso periodo del 2019: dai 47.791 milioni di euro del 2019 ai 42.574 milioni di euro del 2020.

Spostando l’osservazione sul livello regionale emerge un quadro abbastanza differenziato. In particolare, sul podio delle casse più “prosciugate” si posizionano gli enti locali di quattro realtà regionali: Campania, Trentino-Alto Adige, Calabria e Lombardia. In particolare, in Campania, comuni, città metropolitane e province registrano una flessione degli incassi pari al 15,9 per cento, quantificabile in ben 535,6 milioni di euro immediatamente seguita dal Trentino-Alto Adige i cui enti di rappresentanza territoriale hanno registrato mancati incassi per 174,5 milioni di euro, pari al 15,6 per cento. A chiudere questo primo raggruppamento dei “più sofferenti”, gli enti locali della Calabria e della Lombardia, le cui mancate risorse finanziarie ammontano rispettivamente a 169,4 milioni di euro (-15,5%) e a 1.306 milioni di euro (-14,1%).

Sul versante opposto, ad aver subìto minori contraccolpi nei 12 mesi del 2020 rispetto all’anno precedente, risultano gli enti locali delle Marche con una flessione degli incassi tributari ed extra-tributari, in valore assoluto, di 84,1 milioni di euro (-6,9%). A seguire comuni, città metropolitane e province del Molise con una riduzione di 12,9 milioni di euro (-6,4%) e del Lazio le cui mancate risorse finanziarie ammontano a 165,6 milioni di euro (-3,1%).


Al via la V edizione del concorso letterario: “Le parole arrivano a noi dal passato”

Fonte: Cosenza 2.0

È giunto alla V edizione il concorso letterario nazionale per poeti e narratori ” Le parole arrivano a noi dal passato”, promosso dall’associazione culturale RinnovaMenti di Rogliano, presieduta dalla prof.ssa Velia Aiello.

“Il concorso trae il titolo da un’intervista alla scrittrice inglese Virginia Woolf, la quale sosteneva che le parole sono piene di echi, di memorie, di associazioni, non sono entità astratte, ma parti di altre parole.

Un’artista anticonformista che ha saputo ben rappresentare le inquietudini del suo tempo, dedicando la sua vita alla lotta contro le disuguaglianze sociali, soprattutto riguardanti la donna.

Il concorso, oltre alle varie sezioni di poesia, narrativa, saggistica, in questa nuova Edizione propone il Memorial “Prof. Dario Cozza”, con tema:

«Migrazioni umane, culturali e incroci di civiltà nel bacino del Mediterraneo».

Ciò per ricordare la figura del prof. Dario, caro amico e componente del Direttivo dell’Associazione, improvvisamente venuto a mancare.

Sin dalla I Edizione il concorso ha avuto ampio successo, richiamando
nel nostro territorio scrittori provenienti da ogni regione d’Italia.

Oltre che una vetrina di visibilità per poeti e narratori, è uno strumento inteso a valorizzare la creatività, ad incentivare la comunicazione, a divulgare le opere di tanti autori.”

 

Ecco il regolamento per poter accedere al concorso: https://www.facebook.com/

 


Il ruolo dell’Agricoltura nella mitigazione del cambiamento climatico

Antony Rizzitano

Come crediamo di poter affrontare il cambiamento climatico in corso e poter ripristinare il prezioso e, quasi irrimediabilmente compromesso, equilibrio ambientale?

Come crediamo di rendere sostenibile la produzione di beni e servizi indispensabili alla nostra società?

Quanto siamo disposti a pagare il prezzo del cambiamento per un nuovo paradigma produttivo che sia alla base di un consumo consapevole, duraturo e soprattutto sostenibile?

E’ ormai noto a tutti che la biodiversità degli ecosistemi terresti e dunque la loro protezione siano le principali condizioni per garantire la sopravvivenza dell’intera umanità sul pianeta terra. E’ proprio il settore agricolo, che fa un uso più esteso del territorio (oltre il 90% del territorio è rurale), che costituisce una tra le principali minacce per la biodiversità in quanto, proprio nel processo produttivo intensivo o meglio conosciuto come “convenzionale”, che si determina la semplificazione e l’impoverimento degli ecosistemi naturali divenendo cosi degli agro – ecosistemi.

In tale contesto il maggiore impatto ambientale si realizza, oltre che sulla risorsa idrica e sull’aria, sulla fertilità e conservazione dei suoli agrari, i quali sono alla base della produzione agroalimentare, poiché risorsa irriproducibile e che l’imperante modello agricolo industriale, orientato ad ottenere le più alte rese per unità di superficie, minaccia concretamente mettendo in serio pericolo il futuro dell’agricoltura e, quindi, della sostenibilità alimentare.

E’ proprio in tal senso, invece, che un nuovo modello produttivo agroalimentare può preservare il territorio dal degrado se orientato al rispetto degli equilibri insiti nei sistemi naturali. Basti pensare al ruolo fondamentale e unico che l’attività agricola può assumere nella salvaguardia del territorio rurale (ruolo multifunzione), anche in tema di dissesto idrogeologico, ancora più accentuato dai cambiamenti climatici in atto, dovuto anche al realizzarsi di un effetto sinergico tra i fattori scatenanti. Ma per rispondere alle domande poste all’inizio, bisogna porsi con atteggiamento critico rispetto al livello di benessere che la nostra società ha raggiunto dall’epoca post industriale ad oggi e che basa tutto il proprio livello economico senza prendere in considerazione il costo ambientale sostenuto per la produzione di beni e servizi, legato inscindibilmente a risorse non rinnovabili e quindi non riproducibili nell’orizzonte temporale umano. Per meglio comprendere questo costo ambientale, non valutato, dovremmo poter scomporre le singole voci di costo sostenute nelle diverse filiere produttive, ancor di più per la filiera agro alimentare in quanto di primaria importanza e responsabile di gran parte delle emissioni inquinanti e climalteranti (anidride carbonica e gas metano).

Se solo immaginassimo, per un attimo, di dover sostenere dei prezzi, a dir poco triplicati, di tutti i beni e servizi di cui oggi disponiamo “a basso costo” (costo ambientale non valutato), allora scopriremmo, con nostra grande sorpresa, che un chilo di carne bovina costerebbe forse più di 60 euro (reale costo per il pianeta); oppure scoprire che un kg di fragole, ottenute in coltura protetta nel mese di febbraio, avrebbe forse un costo di 30 euro! Sarebbe dunque interessante un sistema di etichettatura che sensibilizzasse l’opinione pubblica sul reale impatto ambientale dei cibi ( Eco – store o etichetta climatica), come già succede per le informazioni nutrizionali che ci avvisano sul contenuto energetico ( zuccheri, grassi, ecc…) di quel preciso prodotto.

Per meglio comprendere quale sia la reale sostenibilità dei diversi livelli di produzione si utilizza spesso, anche per il settore agricolo e zootecnico,  l’indicatore dell’impronta ecologica ovvero la biocapacità di un territorio di fornire le risorse necessarie, oltre quelle di assorbire i rifiuti o le emissioni prodotte, per  scoprire un sostanziale deficit tra domanda e offerta di risorse naturali. Da qui nasce la necessità e l’urgenza di una transizione ecologica di tutti i settori produttivi ed in particolare di quello agro alimentare.

Proprio di recente la Commissione Europea ha pubblicato l’attesa strategia “Farm to Fork” ( dal campo alla tavola) come parte fondamentale dell’European New Green Deal che mira a trasformare il sistema alimentare europeo rendendolo più sostenibile lungo tutta la filiera produttiva. Sarebbe la prima volta che vari settori produttivi raggiungerebbero un cambiamento radicale, con un approccio olistico, per la tutela del territorio, la gestione delle risorse naturali, l’ecologia e tutto cio’ che ne consegue.

In tutto questo la Calabria, grazie all’enorme patrimonio agro –forestale e ad un conservato modello agricolo, ritenuto fino a poco tempo fa superato, basato su ecotipi locali, bassi input energetici e razze autoctone (es. bovino Podolico) potrebbe rappresentare la base per un nuovo modello produttivo con effetti positivi sull’ambiente, sul reddito degli agricoltori e sul contrasto ai cambiamenti climatici nell’ottica di un’ecologia integrale.

Per tutto ciò, c’è da chiedersi: siamo davvero disposti al cambiamento???