Fonte: L’Eurispes.it

Maurizio Lovecchio

Turismo e cultura sono un binomio fondamentale: ne è convinto Carmelo Malacrino, Direttore del Museo Nazionale di Archeologia di Reggio Calabria. Nell’intervista rilasciata al nostro magazine, racconta quanto il polo museale che accoglie i Bronzi di Riace, uno dei simboli per eccellenza dell’arte antica, sia diventata una occasione di rilancio e vetrina ideale per mostrare a visitatori da tutto il mondo la ricchezza storica e territoriale dell’intera Calabria.

Direttore, nel 2019, l’anno precedente al blocco imposto dalla pandemia da Covid-19, il Museo Nazionale di Reggio Calabria ha registrato 227mila visitatori, ponendosi con un risultato straordinario anche in controtendenza rispetto al calo che hanno invece registrato altri musei anche più importanti. Oltre alla capacità attrattiva che presentano i Bronzi di Riace, che cos’altro ha funzionato ed è alla base di questo successo?

Diciamo che è stato il raggiungimento di un obiettivo che abbiamo costruito negli anni precedenti. Il museo ha riaperto al pubblico il 30 aprile del 2016 e da allora abbiamo lavorato in efficienza, accoglienza e puntando sulla sicurezza e sulla comunicazione, cercando di far capire al pubblico che il museo è Bronzi di Riace, ma anche tanto altro come le grandi collezioni straordinarie della Calabria antica. Poi è stata un’altra tappa del percorso di profondo legame con la comunità del territorio che trovava proprio nel museo il luogo della cultura della città. Quindi anche grazie alla programmazione estiva, penso ai tanti eventi organizzati con i partners istituzionali – il Parco Nazionale dell’Aspromonte, il Conservatorio Cilea, il Planetario Pitagora – e ai tanti amici che hanno voluto collaborare per fare del museo un luogo inclusivo, dinamico, aperto a tutti. Questo lo abbiamo fatto, come dicevo, anche sulla terrazza, in un luogo fortemente suggestivo affacciato sullo Stretto, e di sera un posto veramente splendido.

Abbiamo già citato i Bronzi di Riace come fenomeno di attrazione principale del Museo Nazionale di Reggio Calabria. Spesso le due statue sono state al centro di polemiche, dibattiti, soluzioni fantasiose, proposte discutibili. Qual è il suo rapporto personale con queste due “ingombranti” presenze e quali altre collezioni ci sono e sono degne di altrettanta attenzione?

Non le definirei “ingombranti” ma magnifiche, straordinarie, fanno del museo di Reggio un grande attrattore non soltanto della Calabria ma di tutta l’Italia. Registriamo turisti che raggiungono appositamente questa città da qualsiasi parte del mondo (Australia, America Latina, Stati Uniti, Estremo Oriente), quindi i Bronzi sono capaci di attrarre amanti dell’arte greca da ogni luogo. In realtà non mettono in ombra il resto delle collezioni ma le valorizzano, nel senso che moltissimi turisti arrivano al museo di Reggio immaginandolo come casa dei Bronzi e in realtà trovano il grande museo della Calabria antica. Un museo allestito per raccontare la straordinaria storia della Calabria antica – dalla Preistoria fino alla tarda età Romana – su quattro livelli con una selezione di reperti fra i più importanti tesori dell’archeologia calabrese. È difficile dire quale pezzo sia più importante di un altro, perché poi ciascun reperto esposto è il protagonista di una storia diversa, di un piccolo capitolo di questo libro che è la storia della Calabria antica (penso alla testa dell’acrolito di Apollo proveniente da Cirò, ma anche la testa di Porticello, la testa del Filosofo, opere note in tutto il mondo e presenti nei principali volumi di storia dell’arte greca).

Alcuni suoi colleghi, direttori di importanti musei italiani, hanno pubblicato una lettera su Artribune rendendo nota un’idea, un’ipotesi di rilancio dei musei nel periodo post-Covid, suggerendo, di fatto, la trasformazione, o l’esigenza di trasformare i musei in luoghi prettamente di memoria e di conservazione della cultura in luoghi di ricerca, e quindi aperti anche a percorsi formativi che guardano al futuro. Lei è d’accordo con questa idea?

Non solo sono d’accordo, ma è quanto noi stiamo facendo da qualche anno qui al Museo. Questo non è soltanto un contenitore di oggetti, ma è un luogo nel quale raccontare le storie che vengono testimoniate da questi oggetti. È un luogo nel quale assicurare la conservazione delle collezioni per poterle poi consegnare alle future generazioni, quindi un posto nel quale si fa restauro, si fa ricerca sulla conservazione e sui reperti, sia su quelli esposti, sia sulle tante collezioni che sono conservate nei depositi e che rappresentano il grande potenziale di ciascun museo. Queste storie le raccontiamo all’interno di tante esposizioni, penso alle numerose mostre che abbiamo allestito proprio per arricchire l’offerta espositiva del museo. Qui, per esempio, ho uno degli ultimi cataloghi realizzato, dedicato alla mostra su Paolo Orsi,, all’origine dell’archeologia fra Calabria e Sicilia che segna anche una straordinaria sinergia con la Sicilia e con il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa nell’intenzione di voler mettere insieme le collezioni calabresi e siciliane per raccontare la storia di questo eccezionale archeologo della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento. Un’attenzione alla narrazione delle collezioni che riguarda tutti, a partire dai bambini, soggetti ai quali affidiamo grande attenzione. Qui ho, ad esempio, l’offerta formativa didattica che abbiamo proposto per i laboratori dedicati ai più piccoli. Una serie di laboratori differenziati per età e dal punto di vista tematico. Poi, ovviamente, i rapporti con le Università, i luoghi preposti alla ricerca e tante sono le collaborazioni che stiamo portando avanti per poter permettere alle Università di studiare le nostre collezioni, farcele conoscere meglio in modo tale che noi stessi possiamo valorizzarle nella maniera più efficace.

Questa estate, analizzando i flussi turistici in Calabria, la nostra sede regionale dell’Istituto Eurispes ha raccolto dati positivi, che hanno premiato la Calabria quale meta preferita da molti vacanzieri. Tra gli attrattori turistici che abbiamo analizzato e registrato in questa nostra ricerca c’è il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Secondo Lei, la presenza sul territorio di un museo importante, quanto influisce sulle scelte e quindi sulle preferenze turistiche e quale connessione vede proprio tra turismo e cultura in particolare per lo sviluppo della Calabria?

La presenza di un luogo della cultura così importante come il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è fondamentale per il turismo di questo territorio. Dobbiamo sempre ricordare che questo museo non è il museo di Reggio Calabria, ma è il museo dell’intera Regione, quindi raccoglie e mette insieme reperti provenienti da ogni parte della Regione proprio per raccontare in una narrazione continua quella che è stata la storia della Calabria nell’antichità. Quindi è un polo di attrazione culturale non soltanto per Reggio ma per tutta la Regione. Al tempo stesso diventa l’inizio di un percorso di scoperta per gli altri luoghi della Regione, perché i tanti turisti che raggiungono Reggio Calabria e che raggiungono il nostro museo attratti dai Bronzi di Riace scoprono le vetrine dedicate a Locri, le vetrine dedicate a Vibo, a Rosarno, a Sibari, e quindi nasce dentro di loro anche la curiosità di intraprendere un percorso alla scoperta di questi luoghi straordinari. Turismo e cultura sono un binomio fondamentale. Quanto abbiamo registrato circa l’impatto della riapertura del museo il 30 aprile del 2016 sul tessuto economico della città ci fa capire che il museo è un forte attrattore, ha un impatto sui ristoranti, sui bar, sugli alberghi, che è stato notevole e questo ci è stato comunicato sia da Federalberghi che dalla Camera di Commercio con cui collaboriamo attivamente proprio per creare un’offerta turistica a 360 gradi e partecipare e anche supportare il tessuto economico e culturale del territorio. All’interno di un progetto di collaborazione che coinvolge non soltanto l’aspetto strettamente culturale, quindi i rapporti con gli altri musei, penso alla Pinacoteca Civica, al Piccolo Museo San Paolo, al Castello Aragonese, ma abbiamo lavorato molto anche sul connubio cultura-natura, quindi stringendo un profondo legame con il Parco Nazionale dell’Aspromonte, proprio per far sì che anche i visitatori del museo potessero proseguire o iniziare un viaggio alla scoperta dello straordinario paesaggio dell’Aspromonte. Tirando le somme dei percorsi di questi anni direi che l’impatto del museo sul turismo del territorio è stato notevole ma non può essere che un invito a lavorare ancora di più, sempre meglio e tutti insieme, per far sì che l’immagine che a volte caratterizza la Calabria possa essere rinnovata, possa essere affiancata da un’immagine positiva, basata su patrimonio culturale ricchissimo, l’immagine di un territorio che ha accolto e continua ad accogliere culture da ogni parte del Mediterraneo e possa essere anche l’immagine di un territorio proiettato verso il futuro.