Di Ernesto Mancini.
Con la recente sentenza del 15 febbraio 2022 la Corte Costituzionale ha
dichiarato inammissibile il referendum abrogativo dell’art. 579 del codice
penale il quale punisce con una pena che va da sei a quindici anni di
reclusione “chiunque cagiona la morte di un uomo col consenso di lui.”
Se tale norma fosse stata abrogata si sarebbe potuto dare luogo, secondo i
promotori del referendum, alla c.d. “eutanasia legale” cioè al diritto, per
chi è affetto da malattia irreversibile e con sofferenze non sopportabili, di
richiedere l’assistenza di un medico per ottenere, previa sedazione profonda,
una morte liberatoria da una situazione insostenibile.
In realtà non è proprio così. La Corte ha spiegato che l’abrogazione tout
court della norma avrebbe legittimato condotte che vanno ben oltre il
caso dell’eutanasia.
Ora, per orientarsi in questa delicatissima materia sulla quale da anni vi sono
contrastanti posizioni di tipo politico ma anche giuridico, etico e religioso,
occorre fare una breve disamina dei casi più noti in cui si è proceduto al
trattamento di fine vita pur in presenza della norma penale sull’omicidio del
consenziente…
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